01.09
2024
MOSTRA “UMBERTO MASTROIANNI - ENNIO MORLOTTI - GRAFICA”
Acqui Terme: Palazzo Robellini dal 1° settembre al 27 ottobre 2024
“UMBERTO MASTROIANNI - ENNIO MORLOTTI - GRAFICA”
Umberto Mastroianni ed Ennio Morlotti, massimi artisti del ventesimo secolo, sono i protagonisti di una mostra, che raccoglie circa 70 opere (calcografie-acqueforti, litografie, serigrafie, tecniche miste ) appartenenti alla collezione di Adriano e Rosalba Benzi, che Palazzo Robellini di Acqui Terme (Piazza Abramo Levi, 7) ospiterà dal 1° settembre al 27 ottobre 2024. Una rassegna che consente di ripercorre le tappe fondamentali del loro lavoro nel campo della grafica.
Importanti protagonisti della vicenda artistica italiana ed europea del secondo Novecento,
Umberto Mastroianni (Fontana Liri, 21 settembre 1910 – Marino, 25 febbraio 1998) ed Ennio Morlotti (Lecco, 21 settembre 1910 – Milano, 15 dicembre 1992) si collocano anche nell'olimpo degli artisti specializzati nella grafica. Artisti, scultori, pittori, disegnatori, capaci anche di effettuare sostanziali interscambi artistici tra l'incisione e la pittura modulando ed influenzando, ora nell'uno ora nell'altro campo, invenzioni ed emozioni. Mastroianni e Morlotti hanno partecipato alle più importanti rassegne artistiche nazionali e internazionali, Biennale di Venezia compresa, ed hanno esposto in numerose mostre personali in Italia e all’estero.
A corredo dell’esposizione, ci sarà un catalogo con tutte le immagini in gruppi omogenei e commentate da scritti di Gianfranco Schialvino e Francesco Proto.
Inaugurazione: sabato 31 agosto ore 18,30.
Data e orario di apertura della mostra: dal 1° settembre al 27 ottobre 2024. da martedì a domenica 10 - 12,30 e 16 – 19. Lunedì chiuso - Ingresso gratuito
Catalogo in mostra info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it - info@vecchiantico.com http://www.mostrevecchiantico.com
Informazioni: 0144 329854 - 330470060 benzi.adriano@mclink.it
0144 770300 cultura@comune.acquiterme.it
artear-48, Vecchiantico AB Collezionismo, Città di Acqui Terme, Protezione Civile Acqui Terme, Rotary Club Acqui Terme
VECCHI ANTICO MOSTRE VIRTUALI -
Mostre Virtuali di Artisti Contemporanei. IN PERMANENZA
EVENTI TERMINATI
“ FRANCESCO TABUSSO pagine scelte" 2023
Francesco Tabusso - (Sesto San Giovanni, 27 giugno 1930 – Torino, 29 gennaio 2012) è stato un pittore, incisore e docente. Collezione Adriano e Rosalba Benzi a cura di Adriano e Rosalba Benzi Canelli Salone Riccadonna - Corso Libertà 25
“ ZORAN MUSIC - grafica” 2023
Anton Zoran Mušič (Boccavizza / Bukovica, 12 febbraio 1909 – Venezia, 25 maggio 2005) Collezione Adriano e Rosalba Benzi Acqui Terme Palazzo Robellini - Piazza Levi
“ LELE LUZZATI percorso 101 GRAFICA” 2022
Collezione Adriano e Rosalba Benzi a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo 14053 Canelli Salone Riccadonna - Corso Libertà 25
“UMBERTO MASTROIANNI - ENNIO MORLOTTI - GRAFICA”
Umberto Mastroianni ed Ennio Morlotti, massimi artisti del ventesimo secolo, sono i protagonisti di una mostra, che raccoglie circa 70 opere (calcografie-acqueforti, litografie, serigrafie, tecniche miste ) appartenenti alla collezione di Adriano e Rosalba Benzi, che Palazzo Robellini di Acqui Terme (Piazza Abramo Levi, 7) ospiterà dal 1° settembre al 27 ottobre 2024. Una rassegna che consente di ripercorre le tappe fondamentali del loro lavoro nel campo della grafica.
Importanti protagonisti della vicenda artistica italiana ed europea del secondo Novecento,
Umberto Mastroianni (Fontana Liri, 21 settembre 1910 – Marino, 25 febbraio 1998) ed Ennio Morlotti (Lecco, 21 settembre 1910 – Milano, 15 dicembre 1992) si collocano anche nell'olimpo degli artisti specializzati nella grafica. Artisti, scultori, pittori, disegnatori, capaci anche di effettuare sostanziali interscambi artistici tra l'incisione e la pittura modulando ed influenzando, ora nell'uno ora nell'altro campo, invenzioni ed emozioni. Mastroianni e Morlotti hanno partecipato alle più importanti rassegne artistiche nazionali e internazionali, Biennale di Venezia compresa, ed hanno esposto in numerose mostre personali in Italia e all’estero.
A corredo dell’esposizione, ci sarà un catalogo con tutte le immagini in gruppi omogenei e commentate da scritti di Gianfranco Schialvino e Francesco Proto.
Inaugurazione: sabato 31 agosto ore 18,30.
Data e orario di apertura della mostra: dal 1° settembre al 27 ottobre 2024. da martedì a domenica 10 - 12,30 e 16 – 19. Lunedì chiuso - Ingresso gratuito
Catalogo in mostra info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it - info@vecchiantico.com http://www.mostrevecchiantico.com
Informazioni: 0144 329854 - 330470060 benzi.adriano@mclink.it
0144 770300 cultura@comune.acquiterme.it
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VECCHI ANTICO MOSTRE VIRTUALI -
Mostre Virtuali di Artisti Contemporanei. IN PERMANENZA
EVENTI TERMINATI
“ FRANCESCO TABUSSO pagine scelte" 2023
Francesco Tabusso - (Sesto San Giovanni, 27 giugno 1930 – Torino, 29 gennaio 2012) è stato un pittore, incisore e docente. Collezione Adriano e Rosalba Benzi a cura di Adriano e Rosalba Benzi Canelli Salone Riccadonna - Corso Libertà 25
“ ZORAN MUSIC - grafica” 2023
Anton Zoran Mušič (Boccavizza / Bukovica, 12 febbraio 1909 – Venezia, 25 maggio 2005) Collezione Adriano e Rosalba Benzi Acqui Terme Palazzo Robellini - Piazza Levi
“ LELE LUZZATI percorso 101 GRAFICA” 2022
Collezione Adriano e Rosalba Benzi a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo 14053 Canelli Salone Riccadonna - Corso Libertà 25
05.04
2019
PUBBLICITA
EVENTO TERMINATO
BIELLA
PUBBLICITA’ PUBLICITE‘
dal 6 aprile al 28 aprile 2019
INAUGURAZIONE 5 aprile ore 18
Fondazione Cassa Risparmio di Biella - Spazio Cultura - via Garibaldi 14
dal 6 aprile al 28 aprile 2019
ingresso libero
informazioni:
015 0991868
0144 329854 - 330 470060
benzi.adriano@mclink.it - emanuele.rolando@fondazionecrbiella.it
--------------------------------
PUBBLICITA’ PUBLICITE‘
a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo.
Acqui Terme Palazzo Robellini Piazza Levi
venerdì 13 Luglio 2018 0re 19,30 si inaugura.
E' difficile, se non impossibile, individuare il momento in cui è apparsa la prima forma di pubblicità. Le insegne poste sopra le botteghe e i fondaci già all’epoca dei Greci e dei Romani, le descrizioni fatte dai venditori ambulanti sono sicuramente esempi di comunicazione finalizzate alla promozione di beni e servizi. Con l’invenzione della stampa, realizzata da Gutenberg nel XV secolo, che nasce in pratica la moderna pubblicità . L’evoluzione delle tecniche di stampa ha favorito la nascita di manifesti, locandine e periodici di informazione, dove vengono inserite le réclame che rappresentano i primi annunci pubblicitari. La rassegna presenta una collezione di oltre 200 esemplari autentici, locandine ed in minor numero manifesti a partire dai primi decenni del novecento sino a giungere agli anni ottanta del secolo scorso, I soggetti prevalenti sono alimenti e genere di conforto, con particolare attenzione alle specificità locali. Non ci siamo orientati se non minimamente sulle opere dei grandi cartellonisti ma su lavori di artisti meno conclamati, alcuni, se si vuole, meno conosciuti, ma di grande raffinatezza e resa grafica. A corredo dell’esposizione nelle quattro sale d’arte di Palazzo Robellini ci sarà un catalogo con tutte le immagini in gruppi omogenei e commentate da scritti di Gianfranco Schialvino che ne cura l’impaginazione di Elisabetta Cocito e Carlo Sburlati. Data e orario: dal 14 Luglio al 2 Settembre 2018, da Martedì a Domenica 10 - 12,30 e 16 - 19 Lunedì chiuso - ingresso gratuito - Catalogo in mostra info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it .- infi@vecchiantico.com cultura@comuneacqui.com - 0144 770272 http://www.mostre-vecchiantico.com - 330 470060
con il patrocinio di:
Accademia Italiana della Cucina delegazione dei Alessandria
Città di Acqui Terme
Cento Amici del Libro
ONAV
Rotary Club Acqui Terme
&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&
EVENTO TERMINATO
ROMANO LEVI
grappaiol'angelico
artista e poeta
a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo
Acqui Terme
Palazzo Robellini - Piazza Levi
«Io voglio lavorare, voglio cambiare vita, voglio essere un altro.
Voglio dare il buon esempio, voglio zappare le colline al rosso del sole, voglio fare i sacrifici, voglio farmi un nome, io voglio acchiappare “bene”.
Grappa dell’uomo che si vergognò»
È uno dei testi che Romano Levi ha scritto su un’etichetta,
ed è difficile trovare definizione migliore per questo artista e poeta.
La rassegna presenta una collezione di oltre 200 opere
dalle mitiche etichette scritte, disegnate e colorate a mano
fino a una corposa rassegna bibliografica, con riviste e quotidiani d’epoca.
Ma la regina della mostra è la bottiglia
da considerarsi come irrinunciabile supporto all’etichetta
volendo appositamente privilegiare l’aspetto artistico e poetico di Romano Levi.
A corredo della raccolta esposta in 8 vetrine e 3 bacheche
e dei numerosissimi ingrandimenti fotografici incorniciati alle pareti verrà presentato un corposo ed esauriente catalogo con tutte le immagini riunite in gruppi omogenei e commentate da scritti d’autore:
Sergio Miravalle, Bruno Quaranta e Gianfranco Schialvino.
Orario: dal 15 Luglio al 3 Settembre 2017 da martedì a Domenica, 10 - 12 e 15,30 - 19
Lunedì chiuso - ingresso gratuito - catalogo in mostra
info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it - info@vecchiantico.com cultura@comuneacqui.com - 0144.770272
www.mostre-vecchiantico.com - 330.470060
BIELLA
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dal 6 aprile al 28 aprile 2019
INAUGURAZIONE 5 aprile ore 18
Fondazione Cassa Risparmio di Biella - Spazio Cultura - via Garibaldi 14
dal 6 aprile al 28 aprile 2019
ingresso libero
informazioni:
015 0991868
0144 329854 - 330 470060
benzi.adriano@mclink.it - emanuele.rolando@fondazionecrbiella.it
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a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo.
Acqui Terme Palazzo Robellini Piazza Levi
venerdì 13 Luglio 2018 0re 19,30 si inaugura.
E' difficile, se non impossibile, individuare il momento in cui è apparsa la prima forma di pubblicità. Le insegne poste sopra le botteghe e i fondaci già all’epoca dei Greci e dei Romani, le descrizioni fatte dai venditori ambulanti sono sicuramente esempi di comunicazione finalizzate alla promozione di beni e servizi. Con l’invenzione della stampa, realizzata da Gutenberg nel XV secolo, che nasce in pratica la moderna pubblicità . L’evoluzione delle tecniche di stampa ha favorito la nascita di manifesti, locandine e periodici di informazione, dove vengono inserite le réclame che rappresentano i primi annunci pubblicitari. La rassegna presenta una collezione di oltre 200 esemplari autentici, locandine ed in minor numero manifesti a partire dai primi decenni del novecento sino a giungere agli anni ottanta del secolo scorso, I soggetti prevalenti sono alimenti e genere di conforto, con particolare attenzione alle specificità locali. Non ci siamo orientati se non minimamente sulle opere dei grandi cartellonisti ma su lavori di artisti meno conclamati, alcuni, se si vuole, meno conosciuti, ma di grande raffinatezza e resa grafica. A corredo dell’esposizione nelle quattro sale d’arte di Palazzo Robellini ci sarà un catalogo con tutte le immagini in gruppi omogenei e commentate da scritti di Gianfranco Schialvino che ne cura l’impaginazione di Elisabetta Cocito e Carlo Sburlati. Data e orario: dal 14 Luglio al 2 Settembre 2018, da Martedì a Domenica 10 - 12,30 e 16 - 19 Lunedì chiuso - ingresso gratuito - Catalogo in mostra info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it .- infi@vecchiantico.com cultura@comuneacqui.com - 0144 770272 http://www.mostre-vecchiantico.com - 330 470060
con il patrocinio di:
Accademia Italiana della Cucina delegazione dei Alessandria
Città di Acqui Terme
Cento Amici del Libro
ONAV
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EVENTO TERMINATO
ROMANO LEVI
grappaiol'angelico
artista e poeta
a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo
Acqui Terme
Palazzo Robellini - Piazza Levi
«Io voglio lavorare, voglio cambiare vita, voglio essere un altro.
Voglio dare il buon esempio, voglio zappare le colline al rosso del sole, voglio fare i sacrifici, voglio farmi un nome, io voglio acchiappare “bene”.
Grappa dell’uomo che si vergognò»
È uno dei testi che Romano Levi ha scritto su un’etichetta,
ed è difficile trovare definizione migliore per questo artista e poeta.
La rassegna presenta una collezione di oltre 200 opere
dalle mitiche etichette scritte, disegnate e colorate a mano
fino a una corposa rassegna bibliografica, con riviste e quotidiani d’epoca.
Ma la regina della mostra è la bottiglia
da considerarsi come irrinunciabile supporto all’etichetta
volendo appositamente privilegiare l’aspetto artistico e poetico di Romano Levi.
A corredo della raccolta esposta in 8 vetrine e 3 bacheche
e dei numerosissimi ingrandimenti fotografici incorniciati alle pareti verrà presentato un corposo ed esauriente catalogo con tutte le immagini riunite in gruppi omogenei e commentate da scritti d’autore:
Sergio Miravalle, Bruno Quaranta e Gianfranco Schialvino.
Orario: dal 15 Luglio al 3 Settembre 2017 da martedì a Domenica, 10 - 12 e 15,30 - 19
Lunedì chiuso - ingresso gratuito - catalogo in mostra
info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it - info@vecchiantico.com cultura@comuneacqui.com - 0144.770272
www.mostre-vecchiantico.com - 330.470060
09.07
2011
CASA FELICITA NOVE ARTISTI
CAVATORE (AL)
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
10-12 16-19 lunedì chiuso
Fino al 4 settembre 2011
"Casa Felicita - nove artisti"
mario calandri
francesco casorati
armando donna
fernando eandi
enrico paulucci
piero ruggeri
sergio saroni
giacomo soffiantino
francesco tabusso.
Catalogo a cura di Adriano Benzi e Gianfranco Schialvino, testo di Bruno Quaranta.
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
10-12 16-19 lunedì chiuso
Fino al 4 settembre 2011
"Casa Felicita - nove artisti"
mario calandri
francesco casorati
armando donna
fernando eandi
enrico paulucci
piero ruggeri
sergio saroni
giacomo soffiantino
francesco tabusso.
Catalogo a cura di Adriano Benzi e Gianfranco Schialvino, testo di Bruno Quaranta.
28.05
2013
RICORDO DI GIACOMO SOFFIANTINO
di Gianfranco Schialvino
C’era il sole la mattina di lunedì 27 maggio. Entrava finalmente l’amato “frate sole”, in una primavera fredda e avara di calore, nelle vetrate dello studio di via Lanfranchi 24. E intanto si spegneva la lucerna che aveva illuminato per ottantaquattro anni il fecondo, assiduo, intelligente lavoro di Giacomo Soffiantino. Il suo cuore flagrante di sensazioni, fragrante di sentimenti, intriso di ricordi, di affetti, di figure cessava i battiti affannosi. Il suo spirito volava a raggiungere nel mondo dei giusti gli amici che lo avevano preceduto tra le architetture barocche, rosse di mattoni e candide di stucchi, nelle strade dritte e le chiese, le piazze, i caffè, i viali, i portici, le fontane di una straordinaria città perduta. Andava a incontrare, in quella particolare nostalgica atmosfera subalpina, gli amici e gli ideali. A riconoscerli nei fantasmi che, lassù, emergendo dalla nebbia, sbucano nell’intrico ordinato degli incroci, testimoni ed icone, reliquie illuse della torinesità antica. La cocotte di Gozzano e la suora di Arpino, lo sguardo acuto di Bobbio e la critica illuminata di Mila. E poi Calandri e Paulucci, Tabusso e Casorati, Spazzapan, Fico, Curletti, Cremona...
Lo conobbi a una mostra alla Bussola, nel ’75. Dipingeva allora con una scansione di pennellate molto fini che sapeva del pointillisme delle Senne di Seurat, dei cieli di Previati, delle luminosità di Segantini. Mi affascinò. Il colore vibrava, la superficie ondeggiava leggera, la luce usciva dagli sguinci improvvisi dei piani scompaginati rasentando il virtuosismo. Mi piacque anche il suo modo di scombinare i settori, i tagli che separano e dividono, ma anche evidenziano e definiscono i rapporti della struttura.
Mi regalò tempo, consigli, parole di incoraggiamento.
A piccoli passi sono riuscito a entrare nella sua pittura.
Un rintocco, una oscillazione, un gioco frenetico di scatti inventivi, una padronanza di esitazioni, di oscillazioni emotive, di sicurezze professionali, di tenacia vigorosa. Ecco, in sintesi, la sua arte. Nel contesto di una ascesi in cui rendere ancor più diafane le immagini, consumate nel rimorso che le renderà senza corpo, ritaglio inciso sulla carta e vellutato diramare di colori monacali sulla tela. Null’altro. E via via negli anni senza più peso terreno. Eco sopito di risonanze e di allusioni. Ressa spirituale di significanti. Illusioni di un sensibile chimicamente trasposto nella e dalla memoria.
Con una superba, sontuosa padronanza del mestiere. Una perizia e un’abilità tecnica fuori della norma. Collegata, impegnata però alle sue ricerche: mai vuota sequenza di spazi caleidoscopici infarciti di eleganza sterile. Territori ben pregni invece di significati: nell’alternanza dei pieni, - segni simboli figure oggetti linee appunti ricordi sensazioni radici cortecce ossa orrore sentimento -, e dei vuoti dove l’emozione del colore sedimenta in materia. Farina fossile macinata dalla mente e dal cuore, impastata, macerata nel dolore e nella sofferenza.
Perché? Per chi?
«Il mistero della vita deve entrare nella pittura», diceva del suo quadro prediletto, il Trittico della vita del 1990: enciclopedia di riflessi, colore, profondità; esplosione di giorni che si susseguono a legare la tessitura delle esistenze che fanno insieme il mosaico della ragione di ogni essere. La terra, il bosco, la sorgente. La sostanza, la fermentazione, la purificazione. La natura inerte (bucrani, radici, conchiglie), la germinazione (ireos, betulle, felci, frutti, un rettangolo di cielo), l’emozione (il rivolo che scorre e che gorgoglia nelle bolle che illuminano l’incontro delle acque). Con una maschera bianca, firma dimenticata appoggiata in fondo. Gli occhi vuoti, neri. Nella consapevolezza che l’artista, per quanto romanticamente genio e demiurgo, in fondo è, deve soprattutto essere, come lui è stato, un uomo.
Gli ho voluto bene.
Gianfranco Schialvino
..........
da "LA STAMPA" del 28 05 2013.
Elzeviro
BRUNO QUARANTA
Soffiantino l’ultimo naturalista
Era l'«uItimo naturalista», Giacomo Soffiantino, l'estrema eco della stagione che in Francesco Arcangeli ebbe il suo mentore. Se ne è andato ieri mattina il Maestro ottantaquattrenne, nella casa torinese di via Lan-franchi, dietro la Gran Madre, dove la precollina è una variegata galleria, tra
10 studio che fu di Reycend, e la soffitta di Mino Rosso (che ispirerà l'arpiniana Suora giovane), e la casa borghese dove Mario Soldati attendeva d'incontrare, la domenica, «i due ribelli, due antichi giovani pittori», Felice Casorati e Francesco Menzio.
C'è un'immagine che «racconta» al diapason Giacomo Soffiantino. Milano, Anni Cinquanta, piazza Duomo, tra Saroni e Ruggeri, dattorno i volatili messaggeri di questo e di quel capo d'opera, come Piccione à pois di Picasso. I «tre di Torino» e la loro arbasiniana «gita a Chiasso», in visita a una mostra sull'espressionismo astratto, capendo, di fronte a Gorky e a De Staèl - Luigi Carluccio come maieuta -, quale sarebbe stata la loro cometa.
Fino all'ultimo, Soffiantino ha onorato i versi di Rilke: «... il nostro compito è quello di compenetrarci con questa Terra provvisoria e precaria, che la sua essenza rinasca invisibilmente in noi». E così ha strenuamente abitato il bosco, in cammino verso la luce che sfonda la forma. L'alchemico teatro della vita e della morte che è la selva, di felce in rovo, di ossame di pietra in conchiglia, in bucranio.
Una lettura critica sempre al massimo grado onorerà Giacomo Soffiantino. «Riconosciuto», oltre che da Arcangeli e da Carluccio, da Giovanni Testori, che gli commissionerà II trittico della vita, un paesaggio di cinque-sei metri per la Compagnia del Disegno, l'opera a cui l'artista era maggiormente legato.
Un «maggiore», Soffiantino, che ha interpretato l'atto pittorico alla stregua di una impavida meditazione, di un corpo a corpo con
11 «senso», di una sfida al «mistero» spalancata all'abbandono, mai alla resa. Un «acrobata» lungo una linea che va da Turner a Monet, a Rothko, sommamente specchiandosi nella Ronda di notte di Rembrandt, un colloquio ininterrotto da martire del chiaroscuro a martire del chiaroscuro. Nella consapevolezza che in principio non vi erano le tenebre...
..............
da "L'Ancora" del 9 06 2013.
E' morto Giacomo Soffiantino artista che nobilitò Cavatore.
di Carlo Ricci
Cordoglio è stato espresso dalla comunità di Cavatore alla notizia della morte di Giacomo Soffiantino. L'artista, esponente di spicco dell'espressionismo astratto si è spento il 27 maggio a Torino nel suo appartamento all'età di 84 anni. Soffiantino, nell'ultimo decennio, attraverso iniziative organizzate dal collezionista d'arte Adriano Benzi e della moglie Rosalba Dolermo, è stato una figura abituale per il paese. La prima mostra di Soffiantino (Pagine incise 2004), rappresentò una nuova ventata di cultura, una continuità di mostre realizzate da Benzi-Doler-mo a Casa Felicita, iniziate nel 2002. L'ultima esposizione di opere ospitata nello "scrigno d'arte" cavatorese avvenne nel 2011. Durante la rassegna "Casa Felicita - Nove artisti". L'esposizione progettuale proposta da Benzi agli amanti d'arte, con percorso articolato nelle sette sale della struttura comprendeva un centinaio di opere (oli, acquarelli, tempere, disegni ed incisioni). L'evento, attuato in un piccolo paese di circa trecento abitanti situato alla sommità di una collina che si affaccia su Acqui Terme per la durata di due mesi nel periodo estivo, ha offerto agli appassionati d'arte grafica, dell'incisione e deila pittura, la possibilità di ammirare una selezione delle opere realizzate da nove artisti piemontesi considerati al massimo livello del Novecento Italiano tra cui, in grande rilievo opere di Soffiantino. L'Artista frequentava Cavatore ospite di Benzi, durante uno dei momenti conviviali proposti dal medesimo Benzi, gli ospiti hanno potuto valutare le doti culturali, umane ed intellettuali di una persona eccezionale.
Nel 2004 Soffiantino, con una grande mostra a Casa Felicita, entrò a far parte quale protagonista indiscusso degli avvenimenti culturali estivi del Comune e dell'Acquese. Sembrava non fosse possibile organizzare una grande mostra a Cavatore, ma la sensibilità e la capacità di Benzi ci riuscirono e l'eco promosso dall'iniziativa fu grande Giacomo Soffiantino è stato dei protagonisti della scena artistica piemontese del secondo dopoguerra. È nato a Torino nel 1929, dove vive e lavora. Ha insegnato al Liceo artistico e all'Accademia Albertina. È stato allievo di Menzio, di Aldo Bertini e di Mario Calandri all'«Albertina». Esordì partecipando alla mostra «I sette pittori torinesi», nel 1955, con la presentazione di Enrico Paulucci. Partecipò alla Biennale di Venezia del 1956,1958,1964 e 1972. La ricerca pittorica dell'artista torinese, grandemente innovativa, è mossa insieme da passione umana e da affinamento dei mezzi pittorici e le crescenti composizioni riguardanti forme, segni, spazi, colori inducono meditazione, ma fanno anche scoprire, tra momenti talora tragici, la bellezza dei rapporti umani con la natura.
C.R.
19.02
2013
RICORDO DI FRANCESCO CASORATI
da "LA VOCE REPUBBLICANA" di sabato 23 febbraio 2013.
di RICCARDO BRONDOLO
Vesime.
Ciò che di Francesco Casorati mi si figura, al cadere del suo nome (Francesco se n’è andato: l’altra sera, a Torino), sono i suoi occhi: prima dei suoi pesci, dei suoi uccelli, dei suoi teatrini, di quel suo mondo a quadretti ed intrichi, gomitoli di linea ininterrotta; due occhi che, fissandoti, ti fanno sentire importante, colto come sei da uno sguardo illustre, tanto ti trafiggono, intensi come una favilla nel buio; e umanissimi, dolci, caritatevoli ad un tempo, come l’anima di una madre e il trasporto sincero di un amico. Due occhi che ti percorrono come una scarica elettrica, un frisson giù per le vertebre, avvertendone il doppio in un altro sguardo -se appena ricordi che è pronipote di Somerset Maugham-, appena più altero, insidioso, e risentito. Lo ricordo, l’ultima volta, su per una scala di pietra in una casaforte medioevale, su una collina del Monferrato: si reggeva ad un incerto passamano, la sua figura asimmetrica appesa a quell’opus petroso, incerto come il suo passo, faticoso e sofferto: eppure, quel che ho significato finora è ricostruzione dello sfondo, cosa accessoria che vien dopo: primo, nella memoria, e all’occhio della mente, in un lampo esclusivo di luce, è il suo maglione, il colletto aperto, la barba brinata, il suo occhio vivace, il guizzo delle pupille che scherzose schernivano il disagio e la senectus morosa: c’era -a rifletterci ora-, in quello sguardo, tutta l’epitome di una vita, il piglio leggiero e leggiadro di un habitus mentale, acquisito e scolpito negli abiti e nella carne in settant’anni di scontri, di lotte, di dissacrazioni, di amori; e il rifulgere di un fardello di pietà: pietà per sè e per gli altri, amor vitae e scaglie di tristezza disperse come pagliuzze in quel sorriso. E mi viene in soccorso, una volta ancora, il mio Yeats: “Un uomo anziano non è che una cosa miserabile,/ una giacca stracciata su un bastone, a meno che/ l’anima non batta le mani e canti, e canti più forte/ per ogni strappo del suo abito mortale,/ né v’è altra scuola di canto se non lo studio/ dei monumenti della sua magnificenza”: ecco, il segreto di quello sguardo intenso e dolce era il canto dell’anima: che, trasfigurate le miserie delle ossa mortali, esprimeva, riassumendolo, il travaglio di uno studio durato una vita: la miniera, il labirinto di cunicoli, il baleno, la pepita d’oro della poesia scovata, raggiunta, esaltata nel proprio verbo dipinto, per segni e colori: “i monumenti della sua magnificenza”.
Avevo scritto di lui su questo foglio, autunno del ’10, affidandomi, per un vizio spontaneo e dunque inguaribile, a rimandi letterari che coglievo nei suoi quadri, acquarelli, disegni, incisioni: lo avevo sentito coinvolto in una temperie di umori che, giovanissimo, aveva ancor fatto a tempo ad avvertire, fresca ed attuale: erano le pagine di Palazzeschi, Soffici e Bacchelli. Di quest’ultimo, in particolare, mi avevano colpito, assimilabili, certi passi di un’operetta quasi dimenticata, “Lo sa il tonno”: “I tonni, tendenzialmente, sono molto sicuri della loro strada perché tendono a ripetere sempre tutti la stessa, da una vita, in coda i più giovani e avanti i veterani”; ribatte Casorati: ... Non ho mai capito la partizione tra operare figurativo e astratto: importante è farlo bene, e soprattutto capire i proprii limiti, e starci dentro... Le immagini mi arrivano attraverso il filtro della memoria; anche gli ‘-ismi’, le scuole, hanno lasciato traccia; ma via via l’oggetto che dipingo diventa mio, me ne vorrei addirittura impossessare tridimensionalmente, dipingerlo anche dietro... lo amo... Io mi sento profondamente artigiano”. C’è traccia, è chiaro, della faticata strada intrapresa: figlio d’arte (Felice e Daphne), Francesco non incontrò nel padre un mentore, ma un burbero interlocutore e dissuasore. Casorati lesse quel mio scritto, trovò non so come il mio indirizzo, e mi scrisse cose di cui serbo, lusingato, un pudico piacere: ricorderò qui una frase sola: “...nei legami individuati da lei con aspetti dei mondi di Bacchelli e Palazzeschi, mi sono totalmente ritrovato”.
Parlare di lui oggi mi è compito ingrato. Non tanto perchè è sempre incresciosa la perdita di chi ha contribuito a definire e imporre, come un abile sarto, i vestiti ad un’epoca; ma perchè ancora con lui svanisce il testimone delle qualità di un altro tempo, di cui noi conserviamo soltanto le postille riflesse. Dallo studio paterno (dove ancor viveva e dove oggi hanno raccolto il suo corpo, risucchiato e affinato dagli anni e dal gelo) era passata tutta la bella, allegra, insofferente gioventù torinese degli anni ’20 e ’30: da Gobetti a Casella alla Romano, dalla Montalcini a Bonfantini; lì s’era raccolta e formata una scuola di pittura avulsa da ogni accademismo, con Chessa, Levi, Tabusso, la Boswell, Menzio e Daphne Maugham, la madre di Francesco... Il ragazzo aveva respirato quel mondo e vagliato quei modi; intriso degli umori di tanta varia umanità aveva poi voluto dir la sua, con la vena anarchica temperata di garbo albionico della madre. Non è il caso né il momento di ripercorrere stadi, leggende, stili della sua esperienza figurativa. La grandezza, potente e schiva, del suo sentire la lasciava trasparire nei discorsi con gli amici: parlando del suo operare ne ribadiva il costrutto artigianale, “condotto con un amore ossessionante... La mia ambizione e la mia speranza è che questi lavori siano anche dei momenti poetici”. Ad Adriano Benzi, un giorno, parlò dei suoi animali, che, nei quadri, con “un processo di radicale stilizzazione, divenivano forme con valore astratto”: ma a monte c’erano una gallina che deponeva il suo uovo nel letto della figlioletta; un pappagallo, che durante l’isolamento per un’epatite gli era stato “compagno intelligente e affettuoso”; e “le prove d’amore della mia segugina mi commuovono e addolciscono la vecchiaia”. Questo l’uomo; dell’artista, ridon le carte e parlano le tele, oltre le mura, l’erba e la neve che benevole l’hanno accolto nel cimiterino di Pavarolo.
da "LA STAMPA" di mercoledì 20 febbraio 2013.
Francesco Casorati, "condannato" a dipingere
L'artista torinese si è spento ieri all'età di 78 anni
Nelle sue tele riusciva a "suonare" con leggerezza i colori
di MARCO VALLORA
Torino
Francesco Casorati è scomparso ieri mattina, improvvisamente, nella storica casa paterna di via Mazzini, a poco più di settant'otto anni. E' come una suggestione strana, nemmeno straziante, vedere il suo bel volto antico, roccioso, stoico, infine come giunto, attraccato, al «porto» sepolto del suo adorato studio torinese (e nel giardinetto di città, chiacchiericcio d'oche e tartarughe). Ove per anni lo abbiamo visto aggirarsi, apprendista stregone, tra tele almanaccate, cavalletti, trementine e pennelli, con i suoi mille cani sciamanti festosi intorno, quasi usciti per sortilegio dai fili a ghirigoro delle sue trepidanti pennellate affabulatorie. Aggirarsi non inquieto, ma nocchiero inesausto, affamato di storie dipinte, saviniesco Ulisse pronto a ripartire ogni volta per un altro dei suoi s labirinti immaginari, preso all'amo di quelle sue fantasie ariostesche, che non gli davano tregua. «Amore della pittura, che mi obbliga a dipingere sempre, tutti i giorni, quasi come una condanna». Una felice condanna, ...............
rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2013/02/20SIQ3057.PDF
di GIANFRANCO SCHIALVINO
Rivarolo Canavese 23 02 2013
Francesco Casorati, pittore di giochi
Francesco Casorati è morto improvvisamente lunedì 18 febbraio, in tarda serata, nella sua casa-atelier di via Mazzini. Un indirizzo difficile e pesante, saturo di attività febbrile e fervido di antiche memorie: substrato fertile, alfine, ma che già furono pastoie. In quello studio, esattamente mezzo secolo fa, l’1 marzo del 1963, era spirato Felice Casorati, suo padre.
Ma a dispetto delle difficoltà di un nome così gravoso, Francesco è stato una persona speciale: per educazione, di vita e di arte, raffinata ed elitaria; per amabilità, come artista e come insegnante; per generosità, di intelletto e di fatto; per costanza, coerenza, dedizione in un mestiere difficile quando perseguito come ideale, quello del pittore.
E pittore autentico, per stile, creatività, passione, missione Francesco Casorati lo è stato compiutamente, fuori da ogni accostamento. Poche ore prima del tragico infarto che lo ha stroncato ancora lavorava a un quadro dove specchi di cielo azzurro si riflettono tra cielo e mare, popolati di pesci e di uccelli essenzializzati nei suoi caratteristici profili geometrici, come usava da sempre: da quando visitando con la madre Daphne il Louvre era stato ammaliato dalle prospettive bizzarre e perfette di Paolo Uccello; per poi debuttare nei primi anni Cinquanta con gli amici Tabusso, Chessa, Aimone, Campagnoli, Soffiantino, Ruggeri e Saroni.
Francesco Casorati è stato uno “scrittore per immagini”, un narratore instancabile, inconfondibile nella personalità acquisita e conquistata, con le grandi figure in primo piano che improvvisamente prendono a vibrare: prima di pennellate armonicamente accostate nelle campiture del mare e del cielo, in una stesura sempre più polifonica, poi nelle sottili e lunghissime linee continue, quasi fili che si accavallano e si ingarbugliano, su cui infine cominciava a scrivere. Letteralmente. Col lapis sulla tela. Incidendo a matita la superficie del quadro ancora molle di biacca: parole e colori, macchie e geroglifici, appunti e immagini. Con paziente e operosa sperimentazione concettuale.
Casorati ha costruito e raccontato la sua fiaba nell’invenzione della memoria, ne è stato regista invitandoci a diventare protagonisti di un gioco in perpetuo movimento, ogni tela un capitolo.
Con una rara e straordinaria accuratezza di esecuzione, tono e sapore, piacere della pittura. Un giardino di sogni lieti, di giochi, affollato di personaggi magici e di macchine mirabolanti. Il regno dell’improbabile, dell’impossibile, dell’assurdo. Con naturalezza e spontaneità, col candore di chi ha saputo trasmettere il fascino dell’evasione nella fantasia Nella trasgressione che ribalta rapporto e proporzioni, che annulla le pareti della stanza, che scrive i fianchi di una collina, che ingorga le fronde di un albero, che colora di arcobaleno gli spazi infiniti.
Gianfranco Schialvino
da "L'ANCORA" Acqui Terme.
di Carlo Ricci.
L'artista si è spento lunedì 18 febbraio
Francesco Casorati la sua arte a Cavatore
Acqui Terme. Esiste un motivo per cui Cavatore ha avuto momenti di notorietà. Parliamo del legame che il paese collinare distante pochi chilometri dalla città termale, attraverso iniziative del collezionista d'arte Adriano Benzi, ha avuto nel tempo con il compianto pittore Francesco Casorati. L'artista si è spento lunedì 18 febbraio nella sua casa in via Mazzini a Torino. "È stato colto da un infarto", ha ricordato Benzi che il giorno prima aveva avuto un colloquio con il Maestro. Nessun funerale per Lui, ma solo una sepoltura nella tomba di famiglia, a Pavarolo. Francesco Casorati è stato uno dei pittori che ha contribuito, ed in modo speciale e particolare, a valorizzare ed a rendere particolarmente nota la mostra d'arte estiva, evento che per dieci anni venne ospitata a Casa Felicita di Cavatore. Da mesi Benzi, con Casorati, stava occupandosi senza sosta per la realizzazione di un progetto, che secondo le notizie filtrate, sarebbe stato destinato ad ottenere un notevole consenso di critica, di pubblico e di attrazione da parte dei media e degli appassionati d'arte.
Francesco Casorati nel 2010, e per alcuni mesi, troneggiò a Casa Felicita con l'esposizione "Finzioni della realtà", articolata in più sezioni relative a tematiche composte da acquerelli, tempere, disegni e incisioni. L'inaugurazione, presente l'Autore, venne considerata l'evento culturale tra i maggiori dell'estate non solo acquese con risonanza a livello regionale. Legare il nome di Cavatore ad un artista come Casorati fornì prove dell'importanza dell'iniziativa. Le sale di Casa Felicita in occasione dell'inaugurazione della mostra erano traboccanti di appassionati, collezionisti e critici. L'impegno progettuale del curatore della mostra, Adriano e Benzi, con la coordinatrice Rosalba Dolermo, e naturalmente la supervisione e direzione generale dell'artista ottenne consensi da parte della critica più attenta.
Casorati un anno dopo, 2011, sempre a Casa Felicita, partecipò alla mostra "Casa Felicita - nove artisti".
L'evento venne proposto dai coniugi Benzi quale occasione culturale per celebrare il decennale della rassegna cava-torese, che da quell'anno cessò di essere occasione d'incontro d'amici, appassionati ed esperti d'arte desiderosi di contemplare cose rare e belle in mostra a Casa Felicita, diventata culla per due lustri di attività espositive di pregio. Nella mostra del decennale, Francesco Casorati era accompagnato da artisti di grande valore come Mario Calandri, Giacomo Soffiantino, Francesco Tabus-so, Sergio Saronni, Fernando Eandi, Piero Ruggeri, Enrico Paulucci.
30.01
2012
RICORDO DI FRANCESCO TABUSSO
da "ARCHIVIO" marzo 2012
di Gianfranco Schialvino.
In ricordo di Francesco Tabusso
Se ne è andato in una giornata di neve. La prima di un inverno avaro, quasi l'avesse aspettata per scomparire in uno sfarfallio di segni bianchi. La fiòca, la sua amata fiòca, arrivata a nascondere la realtà triste delle cose; così come aveva sempre fatto lui trasformandola con i colori in un'invenzione gonfia di rêveries, in una miniera di visioni, in un giardino incantato affollato d'abbracci, ora innocenti e ora impuri. La pittura per Francesco Tabusso: una lunga fedeltà. Tutta una vita nella pittura, con la pittura, per la pittura. È stato un operaio dell'arte, obbediente a una disciplina severa ma imprevedibile come una palla, magica come un coboldo, irrefrenabile come una trottola, indefinita come l'amore. È stato l'avventura del colore, Tabusso. Che nel colore si è immerso e sontuosamente ha nuotato. Debitore, a una natura peraltro con lui avara e crudele, di aver saputo vedere e guardare. E captare l'invisibile, l'imperscrutabile, il mistero. Dipingendo il mondo come un villaggio dove tutto resta sospeso e tutto lentamente si precipita ad accadere, nella cadenza di un'onda, la danza d'un batuffolo di neve, il brivido di un giro di giostra, il sogno d'un volo d'angeli. Come un pittore fiammingo perdendosi nei meandri di casupole e stradine popolate di gnomi intabarrati e fanciulle maliziosamente caste, Rubens e Pitocchetto, Goya e Baschenis a fargli da guida, tra aiuole di amanite vermiglie e tarocchi sgraziati, sentieri ghiacciati e torrenti impetuosi, a cercare la pace del desco, un'amaca fra i seni, il lètto di un lessico famigliare, una scodella turchina rubata, chissà, nell'atelier del suo maestro Felice Casorati.
Cuore nordico, Tabusso. Viandante gaudente in terre illuminate da due lune, irriverente e cocciuto, monello e ostinato, cuore generoso, ramo fecondo, gemma di mito. Dipingeva rapido, con accanimento e convinzione, ridacchiando sottobarba. Mescolava le paste prima sulla tavolozza e poi sulla tela, lisciando le pennellate a larghi gesti, picchiettando in punta di pennello poi, quando perfezionava i profili e gli accostamenti. Era bello da vedere. Lo sguardo assorto, assente, corrucciato. Le labbra spinte in fuori come per un bacio. Costruiva una griglia dove allineava i prati, le colline, le montagne, e appoggiava figure, alberi, case. Poi si tirava indietro spingendosi sulla sedia e guardando di traverso, quasi di sottecchi, i confini chiusi di un mondo che via via componeva trasportando sulla scena insieme alle tinte i ricordi. Girava e rigirava il pennello nel colore diluito con un intruglio di oli e vernici e abbozzava i soggetti: un viso, la frutta, i fiori, i cibi, gli oggetti, gli elementi del paesaggio. Le ore scivolavano assidue e rapide mentre le immagini si accavallavano e si spingevano per trovare la giusta posizione, inseguendosi nelle frequenti coperture che infittiscono gli spessori, creando uno strato sempre più denso modellato con abilità schiacciando le ombre con carboni foschi, ravvivando i lucori, accendendo uno sguardo,
scompigliando una chioma, profilando una vetta, amalgamando l'erba, ravvivando un fiore.
Francesco Tabusso è nato a Sesto San Giovanni il 27 giugno 1930. Dopo aver conseguito la Maturità Classica frequenta lo studio di Felice Casorati. Tra i suoi compagni di scuola Edoardo Sanguineti e Andrea Bruno. Nel 1953 fonda insieme ad Aimone, Francesco Casorati, Chessa, Niotti, la rivista "Orsa Minore". Nel 1954 partecipa alla Biennale Internazionale di Venezia, dove presenta "Comizio", "Festa campestre" e "Albero caduto". Vi sarà invitato anche nel 1956 e nel 1958 e nel 1966 gli sarà dedicata una sala personale. Nel 1956 la mostra alla galleria "La Strozzina" di Firenze, con la presentazione di Felice Casorati. L'anno successivo il Premio "Fiorino", il Premio "Michetti" e la personale alla galleria Medusa di Roma, dove nel 1958 è invitato alla Quadriennale. Nel 1959 la prima mostra alla "Bussola", presentato da Luigi Carluccio.
Ormai trentenne Tabusso è pittore affermato, con inviti alle più prestigiose rassegne internazionali, tra cui Bruxelles, New York, Mosca, Alessandria d'Egitto. Del 1963 la personale alla Galleria milanese di Ettore Gian Ferrari", con cui inizia un fecondo rapporto di lavoro e di amicizia che durerà fino alla sua scomparsa. Da quest'anno insegna Discipline Pittoriche al Liceo Artistico dell'Accademia di Brera a Bergamo, ed in seguito, fino al 1984, al Liceo Artistico dell'Accademia Albertina di Torino.
Nel 1975 realizza la Grande Pala Absidale "Il Cantico delle Creature" per la Chiesa di San Francesco d'Assisi a Milano, progettata da Giò Ponti, opera completata successivamente con quattro trittici dedicati ai "Fioretti di San Francesco". Poi l'importante mostra "Hommage a Griinewald", a Colmar, Torino e Milano. Nel 1983 la Mostra Antologica a "Palazzo Robellini" di Acqui Terme, la prima di tante: nel 1991 ad Asti, in occasione della realizzazione del Palio; nel 1997 al "Palazzo Salmatoris", di Cherasco; nel 1998 alla Sala "Bolaffi" di Torino; nel 2000 al "Centre Sain Bènin" di Aosta; nel 2002 al "Complesso Monumentale di S. Michele a Ripa Grande, a Roma; nel 2009 alla Galleria d'arte moderna di Spoleto. Di grande successo l'imponente retrospettiva allestita alla Promotrice di Torino nel 2007, con oltre ventimila visitatori, e l'antologica a Palazzo Mathis di Bra, allestita per i suoi ottant'anni.
È morto a Torino il 29 gennaio 2012.
Gianfranco Schialvino
da “ LA STAMPA “ del 30 01 2012
di Bruno Quaranta
Addio a Francesco Tabusso
il pittore della meraviglia
Classe 1930, si è spento
a Torino uno degli artisti
più rappresentativi della città
Addio a Francesco Tabusso. Si è spento ieri sera, al Mauriziano, verso le dieci, il pittore fiabesco di Torino. D’attorno un paesaggio così suo, un fanciullesco girotondo di neve, intonato all’estrema mostra, chez Biasutti, in via della Rocca, nei giorni di Natale, «Màc fioca»: di quadro in quadro, a brillare, il suo microcosmo, ponti, marine, giostre, locomotive, mercatini.
Nato nel 1930, a Sesto San Giovanni, Francesco Tabusso è cresciuto a Torino, dove ha frequentato il liceo classico e la scuola di Felice Casorati, il maestro «platonico» di via Mazzini. Quindi seguendo una via così altra, immergendosi appassionatamente nella «sugosa» commedia quotidiana, come non sfuggirà a Luigi Carluccio. Di avventura in avventura, l’avventura somma del colore. Calamitando nel suo atelier ammiratori da ogni dove, in primis Giorgio Bassani, il Ferrarese allievo di Roberto Longhi, che gli dedicherà un saggio così breve e così intenso, identificandone la vena istintivamente «fiamminga».
Maestro, Francesco Tabusso, della «meraviglia», «sulle ali della realtà», come felicemente suona una non lontana promenade a Spoleto. La vita intesa alfierianamente come una seria filastrocca. Una carovana su cui volle accogliere, e mille volte reinventare, la pudica modella, la natura morta che è un omaggio chissà quanto indiretto chissà quanto voluto al secentesco Evaristo Baschenis, una coppia contadina, una festa paesana, le uova nel cappello (le uova contemplate nell’atelier casoratiano), l’alpeggio, il giardino di Rubiana, la sua Combray, il villaggio dove ritrovava estate dopo estate il tempo perduto, meditando i versi di Dino Campana, il poeta dei Canti Orfici che in Val Susa si rifugiò malato d’amore. Specchiandosi in versi che potrebbero essere l’epigrafe del commiato: «Me ne vado per le strade / Strette oscure e misteriose: / Vedo dietro le vetrate / Affacciarsi Gemme e Rose.../ La stradina è solitaria: / Non c’è un cane: qualche stella / Nella notte sopra i tetti. / E la notte mi par bella».
Perché Francesco Tabusso ha voluto riconoscere la propria orma smarrendosi, smemorandosi, obbedendo al richiamo di un mondo fuori del tempo, dove, a rintoccare, a signoreggiare, è una verità depurata di ogni illusione e di ogni disillusione, che corre, rapidissima, su di un filo senza rete. Gli sia lieve l’ultima tavolozza.
da “LA VOCE REPUBBLICANA” del 01 02 2012
di Riccardo Brondolo
È morto, dunque, Francesco Tabusso, pittore e nano. Due iridi celesti, slavate e stremate come certi cieli di marzo, e due grani neri di fuoco greco, che trafiggevano le carni, le verdure, la neve, uno dei suoi amori. E se ne è andato in una notte piena di neve, una povera neve sudicia, ormai, senza pennello e senza colore. Scherzi di natura, nascita e morte, di quelli con cui si trastullano le divinità minori, i lari e i folletti dei poeti e dei pittori, che dispensano grazia e disgrazie in un gioco efferato e meraviglioso, ma finalmente crudele.
Francesco non se ne dava per inteso: quel corpo, piccino, intanto lo aveva; la carne adolescente e piena, il verziere lussureggiante, i funghi del bosco: la neve di Rubiana o della Siberia, la ragazza torinese e la Katiuscia di un’isba, il mare notturno di Varigotti si offrivano al suo tatto, al gusto, ai sensi tutti con l’immediatezza della natura primitiva. Non ho mai conosciuto persona che più di lui potesse fare a meno di cultura, pensiero e società (che pure gli erano familiari): c’era lui, lì, e il mondo da gustare. Certo, la dovizia familiare era di grande ausilio: ma la mano, intanto, poteva creare prodigi (gliela aveva curata Felice Casorati). Nessuno più di lui sprezzava l’accademia filistea delle consorterie: invitato, con circospezione e diffidenza ad un concorso della Promotrice di Belle Arti torinese (l’aneddoto m’è dato per certo), gela tutti presentando in un bozzetto la copula tra un maiale e una scrofa. Sì, viene spontaneo pensare a una rivalsa, ad una vendetta, a scomodare il subconscio; ma no, con greve levità, anche in quel caso, Tabusso giocava. Tabusso ludens, ribaltava l’imbarazzo su chi lo provava, di fronte alla sua deformità.
Il verde di Tabusso: i suoi verdi, che ti stupiscono, catturano, stregano: cavolo o vischio, fichi e sottobosco, sono tanti e più, forse, dei 32 di Ligabue; e quel cielo blu di prussia, sopra una tesa nevata e un caldarrostaio; ma poi tutti gli altri colori, dei quali sa cogliere e sprigionare variazioni bizzarre, insospettabili o inaspettate, che s’apprendono ai nostri sensi, legate ad un’occasione, ad una rimembranza, ad una percezione particolare: quella che, con lo stupore che si prova di fronte al miracolo, scopriamo sepolta in noi dai cieli carta da zucchero dell’infanzia, dalla tenerezza carnale carica di rosa dei primi baci. Pittore delle stagioni, della vita e dell’anno, aveva cara una delle dimore familiari, quella in Val di Susa, nella più ugonotta (in senso lato), contrastata, esoterica delle valli torinesi: tra le sue nevi, i rustici piaceri della carne giovane, e quelli, in rusticissima osteria, a libidine dello stomaco affamato; ma anche, tra quelle cime di ghiaccio, quel gran stormire di bizzarrie visionarie e fantastiche che lo proiettavano in altro regno del gelo, dove più caldo è il piacere della carne. Il sesso e il gioco: ecco le Fiabe russe proibite, del 2001, un Afanas’ev ripercorso e rimasticato, in una giostra di immagini e interpolazioni letterarie, “nella vitalità, nel sogno, nella disperazione di un’esistenza che vuole essere libera a costo di perdersi…” (Nico Orengo): una delle sue cose che più ci piace ricordare. Oltre la golosità di giovani modelle, quella dei cibi (così condivisa dall’altro pittore amico, Calandri), gli consentiva e concedeva forse un’indagine per così dire “interna” dei colori, tanto da poterne riprodurre più vivo il linguaggio e l’incanto. Scrive Gianfranco Schialvino, che lo amò con affetto fraterno: “Alla parola dà sostegno con il lapis… che sia un foglio di giornale stropicciato… o la prova immacolata di una incisione… lui vi disegna su. Un viso e una casa, il velo di una suora e le gambe lunghe della modella, una barca e un fiore. Poi getta il foglio in cima al mucchio scomposto di pagine alto tutta una vita che si accumula tra la libreria e un’antica alcova di legno che trabocca degli oggetti più strani, dimenticandolo lì finchè, ad uno dei periodici crolli, non riemergerà a ritrovare la luce. E lui allora lo riprenderà tra le mani stupito, ed esclamerà: ‘Adesso ci metto un po’ di colore’“.
Adriano Benzi, amico suo e mio, gli portò qualche anno fa un mio articolo, uscito su questo foglio: Tabusso si entusiasmò, vedendo spiccare sulla testata il verde dell’edera; volle una foto con quel giornale in mano, professione commossa di una simpatia, di un lungo amore di gioventù; quasi, il ritrovarsi accanto una vecchia amica, che –vassapere perché- non s’era più fatta viva da tanto tempo...
da “ IL PICCOLO “(AL) dell’ 8 febbraio 2012
di Carlo pesce
Francesco Tabusso, l'idea del bello.
Sue opere erano state esposte presso Casa Felicita a Cavatore (AL) nel 2005 e 2011.
Ha sempre suscitato un certo stupore la pittura di Francesco Tabusso. Le sue immagini appartenevano a un mondo dominato dalla bellezza, la stessa bellezza che può risiedere indifferente in un corpo femminile o in un paesaggio collinare. Da un certo punto di vista, in Tabusso convivevano l'animo del pittore e quello dell'illustratore cantastorie. I suoi lavori appaiono immersi in quella medesima atmosfera che prende corpo quando si rimane a ascoltare una storia. Anche dalla sua bocca, quando parlava con quel suo atteggiamento allegro venato da u-na indissolubile crudezza, riprendendo le parole di Nico Orengo, uscivano immagini di campagna, di natura «che sa di neve e primavera, che acceca di bianchi e incendia di rossi e di gialli». Tabusso ha a-vuto una lunghissima carriera artistica. Era un ragazzo vivace al quale fu fatto frequentare lo studio di Felice Casorati. Si può ancora notare l'influenza del maestro torinese, soprattutto nel modo di trattare la figura femminile, spesso carica di una sensualità esotica, ostentata con una contenuta monumentalità. Nel 1954, a ventiquattro anni, espose dei suoi lavori alla Biennale di Venezia. La critica e il pubblico compresero immediatamente la peculiarità del lavoro di Tabusso, apprezzando le sue opere e consacrandolo tra i "grandi torinesi" del Novecento, come ci racconta una foto del 1977 che lo ritrae insieme a Calandri, Fico, Ruggeri, Soffiantino, Casorati, un gruppo con cui condivideva amicizia e discussioni. Non è un caso che le ultime sue personali, a Cavatore nel 2005 e a Torino nel 2007, abbiano vistola partecipazione di centinaia di persone, molte delle quali affascinate dalla trasognata ingenuità delle sue pitture. Ciò che Tabusso rappresentava un qualcosa che egli aveva somatizzato attraverso il filtro della sua esperienza. Tabusso ci ha sempre parlato del "mito". La sua arte è stata la concretizzazione figurativa di ciò che ha raccontato Cesare Pavese. La sua storia personale è cresciuta attorno al nucleo del soggiorno a Rubiana, in Valsusa, quando fu sfollato da Torino e lì trascorse vari mesi. È quello il mondo che appare in tutte le sue opere, un mondo che viene condiviso con chi osserva i suoi dipinti. Ancora Nico Orengo ci aiuta a fare chiarezza sull'enigmatica semplicità di Tabusso: "è una vita non irrequieta ma attiva, che conosce la dolcezza e la continua pericolosità della terra, del luogo, come se avessero sempre occhi, altri occhi puntati addosso". Le immagini ci circondano e appaiono e scompaiono dalla nostra mente, si fanno prendere o si nascondono. A volte sembra di toccarle.
di Gianfranco Schialvino.
In ricordo di Francesco Tabusso
Se ne è andato in una giornata di neve. La prima di un inverno avaro, quasi l'avesse aspettata per scomparire in uno sfarfallio di segni bianchi. La fiòca, la sua amata fiòca, arrivata a nascondere la realtà triste delle cose; così come aveva sempre fatto lui trasformandola con i colori in un'invenzione gonfia di rêveries, in una miniera di visioni, in un giardino incantato affollato d'abbracci, ora innocenti e ora impuri. La pittura per Francesco Tabusso: una lunga fedeltà. Tutta una vita nella pittura, con la pittura, per la pittura. È stato un operaio dell'arte, obbediente a una disciplina severa ma imprevedibile come una palla, magica come un coboldo, irrefrenabile come una trottola, indefinita come l'amore. È stato l'avventura del colore, Tabusso. Che nel colore si è immerso e sontuosamente ha nuotato. Debitore, a una natura peraltro con lui avara e crudele, di aver saputo vedere e guardare. E captare l'invisibile, l'imperscrutabile, il mistero. Dipingendo il mondo come un villaggio dove tutto resta sospeso e tutto lentamente si precipita ad accadere, nella cadenza di un'onda, la danza d'un batuffolo di neve, il brivido di un giro di giostra, il sogno d'un volo d'angeli. Come un pittore fiammingo perdendosi nei meandri di casupole e stradine popolate di gnomi intabarrati e fanciulle maliziosamente caste, Rubens e Pitocchetto, Goya e Baschenis a fargli da guida, tra aiuole di amanite vermiglie e tarocchi sgraziati, sentieri ghiacciati e torrenti impetuosi, a cercare la pace del desco, un'amaca fra i seni, il lètto di un lessico famigliare, una scodella turchina rubata, chissà, nell'atelier del suo maestro Felice Casorati.
Cuore nordico, Tabusso. Viandante gaudente in terre illuminate da due lune, irriverente e cocciuto, monello e ostinato, cuore generoso, ramo fecondo, gemma di mito. Dipingeva rapido, con accanimento e convinzione, ridacchiando sottobarba. Mescolava le paste prima sulla tavolozza e poi sulla tela, lisciando le pennellate a larghi gesti, picchiettando in punta di pennello poi, quando perfezionava i profili e gli accostamenti. Era bello da vedere. Lo sguardo assorto, assente, corrucciato. Le labbra spinte in fuori come per un bacio. Costruiva una griglia dove allineava i prati, le colline, le montagne, e appoggiava figure, alberi, case. Poi si tirava indietro spingendosi sulla sedia e guardando di traverso, quasi di sottecchi, i confini chiusi di un mondo che via via componeva trasportando sulla scena insieme alle tinte i ricordi. Girava e rigirava il pennello nel colore diluito con un intruglio di oli e vernici e abbozzava i soggetti: un viso, la frutta, i fiori, i cibi, gli oggetti, gli elementi del paesaggio. Le ore scivolavano assidue e rapide mentre le immagini si accavallavano e si spingevano per trovare la giusta posizione, inseguendosi nelle frequenti coperture che infittiscono gli spessori, creando uno strato sempre più denso modellato con abilità schiacciando le ombre con carboni foschi, ravvivando i lucori, accendendo uno sguardo,
scompigliando una chioma, profilando una vetta, amalgamando l'erba, ravvivando un fiore.
Francesco Tabusso è nato a Sesto San Giovanni il 27 giugno 1930. Dopo aver conseguito la Maturità Classica frequenta lo studio di Felice Casorati. Tra i suoi compagni di scuola Edoardo Sanguineti e Andrea Bruno. Nel 1953 fonda insieme ad Aimone, Francesco Casorati, Chessa, Niotti, la rivista "Orsa Minore". Nel 1954 partecipa alla Biennale Internazionale di Venezia, dove presenta "Comizio", "Festa campestre" e "Albero caduto". Vi sarà invitato anche nel 1956 e nel 1958 e nel 1966 gli sarà dedicata una sala personale. Nel 1956 la mostra alla galleria "La Strozzina" di Firenze, con la presentazione di Felice Casorati. L'anno successivo il Premio "Fiorino", il Premio "Michetti" e la personale alla galleria Medusa di Roma, dove nel 1958 è invitato alla Quadriennale. Nel 1959 la prima mostra alla "Bussola", presentato da Luigi Carluccio.
Ormai trentenne Tabusso è pittore affermato, con inviti alle più prestigiose rassegne internazionali, tra cui Bruxelles, New York, Mosca, Alessandria d'Egitto. Del 1963 la personale alla Galleria milanese di Ettore Gian Ferrari", con cui inizia un fecondo rapporto di lavoro e di amicizia che durerà fino alla sua scomparsa. Da quest'anno insegna Discipline Pittoriche al Liceo Artistico dell'Accademia di Brera a Bergamo, ed in seguito, fino al 1984, al Liceo Artistico dell'Accademia Albertina di Torino.
Nel 1975 realizza la Grande Pala Absidale "Il Cantico delle Creature" per la Chiesa di San Francesco d'Assisi a Milano, progettata da Giò Ponti, opera completata successivamente con quattro trittici dedicati ai "Fioretti di San Francesco". Poi l'importante mostra "Hommage a Griinewald", a Colmar, Torino e Milano. Nel 1983 la Mostra Antologica a "Palazzo Robellini" di Acqui Terme, la prima di tante: nel 1991 ad Asti, in occasione della realizzazione del Palio; nel 1997 al "Palazzo Salmatoris", di Cherasco; nel 1998 alla Sala "Bolaffi" di Torino; nel 2000 al "Centre Sain Bènin" di Aosta; nel 2002 al "Complesso Monumentale di S. Michele a Ripa Grande, a Roma; nel 2009 alla Galleria d'arte moderna di Spoleto. Di grande successo l'imponente retrospettiva allestita alla Promotrice di Torino nel 2007, con oltre ventimila visitatori, e l'antologica a Palazzo Mathis di Bra, allestita per i suoi ottant'anni.
È morto a Torino il 29 gennaio 2012.
Gianfranco Schialvino
da “ LA STAMPA “ del 30 01 2012
di Bruno Quaranta
Addio a Francesco Tabusso
il pittore della meraviglia
Classe 1930, si è spento
a Torino uno degli artisti
più rappresentativi della città
Addio a Francesco Tabusso. Si è spento ieri sera, al Mauriziano, verso le dieci, il pittore fiabesco di Torino. D’attorno un paesaggio così suo, un fanciullesco girotondo di neve, intonato all’estrema mostra, chez Biasutti, in via della Rocca, nei giorni di Natale, «Màc fioca»: di quadro in quadro, a brillare, il suo microcosmo, ponti, marine, giostre, locomotive, mercatini.
Nato nel 1930, a Sesto San Giovanni, Francesco Tabusso è cresciuto a Torino, dove ha frequentato il liceo classico e la scuola di Felice Casorati, il maestro «platonico» di via Mazzini. Quindi seguendo una via così altra, immergendosi appassionatamente nella «sugosa» commedia quotidiana, come non sfuggirà a Luigi Carluccio. Di avventura in avventura, l’avventura somma del colore. Calamitando nel suo atelier ammiratori da ogni dove, in primis Giorgio Bassani, il Ferrarese allievo di Roberto Longhi, che gli dedicherà un saggio così breve e così intenso, identificandone la vena istintivamente «fiamminga».
Maestro, Francesco Tabusso, della «meraviglia», «sulle ali della realtà», come felicemente suona una non lontana promenade a Spoleto. La vita intesa alfierianamente come una seria filastrocca. Una carovana su cui volle accogliere, e mille volte reinventare, la pudica modella, la natura morta che è un omaggio chissà quanto indiretto chissà quanto voluto al secentesco Evaristo Baschenis, una coppia contadina, una festa paesana, le uova nel cappello (le uova contemplate nell’atelier casoratiano), l’alpeggio, il giardino di Rubiana, la sua Combray, il villaggio dove ritrovava estate dopo estate il tempo perduto, meditando i versi di Dino Campana, il poeta dei Canti Orfici che in Val Susa si rifugiò malato d’amore. Specchiandosi in versi che potrebbero essere l’epigrafe del commiato: «Me ne vado per le strade / Strette oscure e misteriose: / Vedo dietro le vetrate / Affacciarsi Gemme e Rose.../ La stradina è solitaria: / Non c’è un cane: qualche stella / Nella notte sopra i tetti. / E la notte mi par bella».
Perché Francesco Tabusso ha voluto riconoscere la propria orma smarrendosi, smemorandosi, obbedendo al richiamo di un mondo fuori del tempo, dove, a rintoccare, a signoreggiare, è una verità depurata di ogni illusione e di ogni disillusione, che corre, rapidissima, su di un filo senza rete. Gli sia lieve l’ultima tavolozza.
da “LA VOCE REPUBBLICANA” del 01 02 2012
di Riccardo Brondolo
È morto, dunque, Francesco Tabusso, pittore e nano. Due iridi celesti, slavate e stremate come certi cieli di marzo, e due grani neri di fuoco greco, che trafiggevano le carni, le verdure, la neve, uno dei suoi amori. E se ne è andato in una notte piena di neve, una povera neve sudicia, ormai, senza pennello e senza colore. Scherzi di natura, nascita e morte, di quelli con cui si trastullano le divinità minori, i lari e i folletti dei poeti e dei pittori, che dispensano grazia e disgrazie in un gioco efferato e meraviglioso, ma finalmente crudele.
Francesco non se ne dava per inteso: quel corpo, piccino, intanto lo aveva; la carne adolescente e piena, il verziere lussureggiante, i funghi del bosco: la neve di Rubiana o della Siberia, la ragazza torinese e la Katiuscia di un’isba, il mare notturno di Varigotti si offrivano al suo tatto, al gusto, ai sensi tutti con l’immediatezza della natura primitiva. Non ho mai conosciuto persona che più di lui potesse fare a meno di cultura, pensiero e società (che pure gli erano familiari): c’era lui, lì, e il mondo da gustare. Certo, la dovizia familiare era di grande ausilio: ma la mano, intanto, poteva creare prodigi (gliela aveva curata Felice Casorati). Nessuno più di lui sprezzava l’accademia filistea delle consorterie: invitato, con circospezione e diffidenza ad un concorso della Promotrice di Belle Arti torinese (l’aneddoto m’è dato per certo), gela tutti presentando in un bozzetto la copula tra un maiale e una scrofa. Sì, viene spontaneo pensare a una rivalsa, ad una vendetta, a scomodare il subconscio; ma no, con greve levità, anche in quel caso, Tabusso giocava. Tabusso ludens, ribaltava l’imbarazzo su chi lo provava, di fronte alla sua deformità.
Il verde di Tabusso: i suoi verdi, che ti stupiscono, catturano, stregano: cavolo o vischio, fichi e sottobosco, sono tanti e più, forse, dei 32 di Ligabue; e quel cielo blu di prussia, sopra una tesa nevata e un caldarrostaio; ma poi tutti gli altri colori, dei quali sa cogliere e sprigionare variazioni bizzarre, insospettabili o inaspettate, che s’apprendono ai nostri sensi, legate ad un’occasione, ad una rimembranza, ad una percezione particolare: quella che, con lo stupore che si prova di fronte al miracolo, scopriamo sepolta in noi dai cieli carta da zucchero dell’infanzia, dalla tenerezza carnale carica di rosa dei primi baci. Pittore delle stagioni, della vita e dell’anno, aveva cara una delle dimore familiari, quella in Val di Susa, nella più ugonotta (in senso lato), contrastata, esoterica delle valli torinesi: tra le sue nevi, i rustici piaceri della carne giovane, e quelli, in rusticissima osteria, a libidine dello stomaco affamato; ma anche, tra quelle cime di ghiaccio, quel gran stormire di bizzarrie visionarie e fantastiche che lo proiettavano in altro regno del gelo, dove più caldo è il piacere della carne. Il sesso e il gioco: ecco le Fiabe russe proibite, del 2001, un Afanas’ev ripercorso e rimasticato, in una giostra di immagini e interpolazioni letterarie, “nella vitalità, nel sogno, nella disperazione di un’esistenza che vuole essere libera a costo di perdersi…” (Nico Orengo): una delle sue cose che più ci piace ricordare. Oltre la golosità di giovani modelle, quella dei cibi (così condivisa dall’altro pittore amico, Calandri), gli consentiva e concedeva forse un’indagine per così dire “interna” dei colori, tanto da poterne riprodurre più vivo il linguaggio e l’incanto. Scrive Gianfranco Schialvino, che lo amò con affetto fraterno: “Alla parola dà sostegno con il lapis… che sia un foglio di giornale stropicciato… o la prova immacolata di una incisione… lui vi disegna su. Un viso e una casa, il velo di una suora e le gambe lunghe della modella, una barca e un fiore. Poi getta il foglio in cima al mucchio scomposto di pagine alto tutta una vita che si accumula tra la libreria e un’antica alcova di legno che trabocca degli oggetti più strani, dimenticandolo lì finchè, ad uno dei periodici crolli, non riemergerà a ritrovare la luce. E lui allora lo riprenderà tra le mani stupito, ed esclamerà: ‘Adesso ci metto un po’ di colore’“.
Adriano Benzi, amico suo e mio, gli portò qualche anno fa un mio articolo, uscito su questo foglio: Tabusso si entusiasmò, vedendo spiccare sulla testata il verde dell’edera; volle una foto con quel giornale in mano, professione commossa di una simpatia, di un lungo amore di gioventù; quasi, il ritrovarsi accanto una vecchia amica, che –vassapere perché- non s’era più fatta viva da tanto tempo...
da “ IL PICCOLO “(AL) dell’ 8 febbraio 2012
di Carlo pesce
Francesco Tabusso, l'idea del bello.
Sue opere erano state esposte presso Casa Felicita a Cavatore (AL) nel 2005 e 2011.
Ha sempre suscitato un certo stupore la pittura di Francesco Tabusso. Le sue immagini appartenevano a un mondo dominato dalla bellezza, la stessa bellezza che può risiedere indifferente in un corpo femminile o in un paesaggio collinare. Da un certo punto di vista, in Tabusso convivevano l'animo del pittore e quello dell'illustratore cantastorie. I suoi lavori appaiono immersi in quella medesima atmosfera che prende corpo quando si rimane a ascoltare una storia. Anche dalla sua bocca, quando parlava con quel suo atteggiamento allegro venato da u-na indissolubile crudezza, riprendendo le parole di Nico Orengo, uscivano immagini di campagna, di natura «che sa di neve e primavera, che acceca di bianchi e incendia di rossi e di gialli». Tabusso ha a-vuto una lunghissima carriera artistica. Era un ragazzo vivace al quale fu fatto frequentare lo studio di Felice Casorati. Si può ancora notare l'influenza del maestro torinese, soprattutto nel modo di trattare la figura femminile, spesso carica di una sensualità esotica, ostentata con una contenuta monumentalità. Nel 1954, a ventiquattro anni, espose dei suoi lavori alla Biennale di Venezia. La critica e il pubblico compresero immediatamente la peculiarità del lavoro di Tabusso, apprezzando le sue opere e consacrandolo tra i "grandi torinesi" del Novecento, come ci racconta una foto del 1977 che lo ritrae insieme a Calandri, Fico, Ruggeri, Soffiantino, Casorati, un gruppo con cui condivideva amicizia e discussioni. Non è un caso che le ultime sue personali, a Cavatore nel 2005 e a Torino nel 2007, abbiano vistola partecipazione di centinaia di persone, molte delle quali affascinate dalla trasognata ingenuità delle sue pitture. Ciò che Tabusso rappresentava un qualcosa che egli aveva somatizzato attraverso il filtro della sua esperienza. Tabusso ci ha sempre parlato del "mito". La sua arte è stata la concretizzazione figurativa di ciò che ha raccontato Cesare Pavese. La sua storia personale è cresciuta attorno al nucleo del soggiorno a Rubiana, in Valsusa, quando fu sfollato da Torino e lì trascorse vari mesi. È quello il mondo che appare in tutte le sue opere, un mondo che viene condiviso con chi osserva i suoi dipinti. Ancora Nico Orengo ci aiuta a fare chiarezza sull'enigmatica semplicità di Tabusso: "è una vita non irrequieta ma attiva, che conosce la dolcezza e la continua pericolosità della terra, del luogo, come se avessero sempre occhi, altri occhi puntati addosso". Le immagini ci circondano e appaiono e scompaiono dalla nostra mente, si fanno prendere o si nascondono. A volte sembra di toccarle.
16.09
2010
ANGIOLA TREMONTI - ARTE RAGIONE DI VITA
MILANO "VILLA REALE" Museo dell'Arte Contemporanea - via Palestro.
Scultura - Pittura- Design.
L’esposizione, prodotta da Palazzo Reale e Galleria d’Arte Moderna di Milano, con il patrocinio di Regione Lombardia e Provincia di Milano, è curata da Luca Beatrice e presenta il ricco excursus creativo della vulcanica artista milanese.
Per l’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory: "Il tema della maternità ha ispirato da sempre la produzione artistica e letteraria d’Occidente e d’Oriente e ha creato nel tempo icone e simboli che si associano a valori non soltanto religiosi Nel suo originale percorso d’artista Angiola Tremonti ha dato vita alle figure delle “Mabille”, donne madri che, nelle sue parole, sono “matrici, creature uniche, essenze soavemente amorfe” e incarnano il principio vitale che si infrange come un’onda e ritorna attraverso le cose e i pensieri. In questo universo onirico tutto può trasformarsi.
Fra antiche memorie e frenesie del vivere contemporaneo le donne di Angiola Tremonti rappresentano un differente sguardo sull’essere e l’abitare il mondo. Con passione per l’umano e desiderio di giocare con la natura. Per provare a sondare le sue forze primigenie e misteriose là dove realtà e sogno si confondono creativamente".
Secondo Luca Beatrice, curatore della mostra: "Angiola Tremonti è una (ex)ragazza che ti cattura con lo sguardo e con il suo incontenibile entusiasmo. Non ci sono mezze misure: o le vai dietro perché ti confonde con le sue mille idee confusamente e creativamente sovrapposte l’una sull’altra, oppure lasci perdere e cerchi a fatica di mantenerti nei binari della razionalità Lei, Angiola, non ti aiuta di certo, lei e le sue tante troppe cose da fare, da pensare, progettare; le persone da chiamare, coinvolgere, contattare, in uno tsunami di entusiasmo dove tutto ciò che ti chiede te lo restituisce all’ennesima potenza…
Questa mostra di Angiola Tremonti, che sorprenderà più di un visitatore che non la conosce, presenta il suo lavoro scultoreo dell’ultimo decennio. Un corpus messo insieme con coerenza e impegno, nonostante le continue digressioni esterne (in particolare nella pittura, a cui lei tiene molto). Fantasia e rigore, immaginazione e fermezza. Sono gli ossimori entro cui si muove l’artista davvero concentrata sul messaggio e sul senso del suo fare".
Un mondo fantastico è quello descritto da Angiola, un universo magico abitato da figure fiabesche: corpi femminili in dolce attesa trasformate in alberi – Mabille – conigli rappresentati con sembianze umane, e, ancora, tenere marmotte animate da una mano pensierosa. Sono "matrici, creature uniche, essenze soavemente amorfe... la maternità e la donna da sempre rappresentano il bello del mondo e della creazione".
Angiola predilige la scultura, in tutte le sue espressioni, declinata attraverso l’utilizzo di diversi materiali, come bronzo, acciaio e resina, e ci tiene a precisare: "Mi presento sempre solo come Angiola e preferisco dimenticare il mio cognome, io sono io e voglio essere rispettata per la mia capacita' o incapacita.'"
In mostra più di venti lavori realizzati negli ultimi dieci anni immersi all’interno e all’esterno del suggestivo scenario di Villa Reale.
Circa 18 le opere in bronzo ed acciaio di grandi dimensioni (altezze da m 2,50 a m 3,40) esposte nel giardino e nel cortile della sede espositiva; all’interno, circa 6 sculture in resina illuminata e oltre 10 sculture in bronzo di medie dimensioni.
In occasione dell’inaugurazione l’artista ha messo in scena un’installazione vivente: tre donne in calzamaglia ricoperte di creta che si paleseranno improvvisamente agli occhi dei presenti accompagnate dalla musica di un violino. Musica e magia sono state, insieme ad Angiola Tremonti, le principali protagoniste della serata.
La mostra è accompagnata da un ampio catalogo bilingue edito da Silvana Editoriale con una ricca selezione di apparati iconografici e testi critici di Luca Beatrice, Francesca Bonazzoli, Rossana Bossaglia, Luciano Caramel, Raffaele De Grada, Gillo Dorfles.
A conclusione dell’esposizione, Venerdì 29 ottobre 2010 alle ore 21.00 nella Sala da Ballo di Villa Reale, Angiola Tremonti ringrazierà il pubblico con una serata musicale, organizzata in collaborazione con la Onlus “Amici della Galleria d’Arte Moderna”, preceduta alle ore 20.00 da un’eccezionale visita guidata della Galleria. Protagonisti della serata saranno il maestro italo-praghese Roberto Durkovic e i “Fantasisti del Metrò”: un gruppo di musicisti tzigani incontrati nel 1998 dal Maestro nella metropolitana di Milano. Un progetto artistico che coniuga il ritmo allegro della musica Rom con la sofisticata canzone italiana d’autore, senza trascurare i colori della rumba e del flamenco
Scultura - Pittura- Design.
L’esposizione, prodotta da Palazzo Reale e Galleria d’Arte Moderna di Milano, con il patrocinio di Regione Lombardia e Provincia di Milano, è curata da Luca Beatrice e presenta il ricco excursus creativo della vulcanica artista milanese.
Per l’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory: "Il tema della maternità ha ispirato da sempre la produzione artistica e letteraria d’Occidente e d’Oriente e ha creato nel tempo icone e simboli che si associano a valori non soltanto religiosi Nel suo originale percorso d’artista Angiola Tremonti ha dato vita alle figure delle “Mabille”, donne madri che, nelle sue parole, sono “matrici, creature uniche, essenze soavemente amorfe” e incarnano il principio vitale che si infrange come un’onda e ritorna attraverso le cose e i pensieri. In questo universo onirico tutto può trasformarsi.
Fra antiche memorie e frenesie del vivere contemporaneo le donne di Angiola Tremonti rappresentano un differente sguardo sull’essere e l’abitare il mondo. Con passione per l’umano e desiderio di giocare con la natura. Per provare a sondare le sue forze primigenie e misteriose là dove realtà e sogno si confondono creativamente".
Secondo Luca Beatrice, curatore della mostra: "Angiola Tremonti è una (ex)ragazza che ti cattura con lo sguardo e con il suo incontenibile entusiasmo. Non ci sono mezze misure: o le vai dietro perché ti confonde con le sue mille idee confusamente e creativamente sovrapposte l’una sull’altra, oppure lasci perdere e cerchi a fatica di mantenerti nei binari della razionalità Lei, Angiola, non ti aiuta di certo, lei e le sue tante troppe cose da fare, da pensare, progettare; le persone da chiamare, coinvolgere, contattare, in uno tsunami di entusiasmo dove tutto ciò che ti chiede te lo restituisce all’ennesima potenza…
Questa mostra di Angiola Tremonti, che sorprenderà più di un visitatore che non la conosce, presenta il suo lavoro scultoreo dell’ultimo decennio. Un corpus messo insieme con coerenza e impegno, nonostante le continue digressioni esterne (in particolare nella pittura, a cui lei tiene molto). Fantasia e rigore, immaginazione e fermezza. Sono gli ossimori entro cui si muove l’artista davvero concentrata sul messaggio e sul senso del suo fare".
Un mondo fantastico è quello descritto da Angiola, un universo magico abitato da figure fiabesche: corpi femminili in dolce attesa trasformate in alberi – Mabille – conigli rappresentati con sembianze umane, e, ancora, tenere marmotte animate da una mano pensierosa. Sono "matrici, creature uniche, essenze soavemente amorfe... la maternità e la donna da sempre rappresentano il bello del mondo e della creazione".
Angiola predilige la scultura, in tutte le sue espressioni, declinata attraverso l’utilizzo di diversi materiali, come bronzo, acciaio e resina, e ci tiene a precisare: "Mi presento sempre solo come Angiola e preferisco dimenticare il mio cognome, io sono io e voglio essere rispettata per la mia capacita' o incapacita.'"
In mostra più di venti lavori realizzati negli ultimi dieci anni immersi all’interno e all’esterno del suggestivo scenario di Villa Reale.
Circa 18 le opere in bronzo ed acciaio di grandi dimensioni (altezze da m 2,50 a m 3,40) esposte nel giardino e nel cortile della sede espositiva; all’interno, circa 6 sculture in resina illuminata e oltre 10 sculture in bronzo di medie dimensioni.
In occasione dell’inaugurazione l’artista ha messo in scena un’installazione vivente: tre donne in calzamaglia ricoperte di creta che si paleseranno improvvisamente agli occhi dei presenti accompagnate dalla musica di un violino. Musica e magia sono state, insieme ad Angiola Tremonti, le principali protagoniste della serata.
La mostra è accompagnata da un ampio catalogo bilingue edito da Silvana Editoriale con una ricca selezione di apparati iconografici e testi critici di Luca Beatrice, Francesca Bonazzoli, Rossana Bossaglia, Luciano Caramel, Raffaele De Grada, Gillo Dorfles.
A conclusione dell’esposizione, Venerdì 29 ottobre 2010 alle ore 21.00 nella Sala da Ballo di Villa Reale, Angiola Tremonti ringrazierà il pubblico con una serata musicale, organizzata in collaborazione con la Onlus “Amici della Galleria d’Arte Moderna”, preceduta alle ore 20.00 da un’eccezionale visita guidata della Galleria. Protagonisti della serata saranno il maestro italo-praghese Roberto Durkovic e i “Fantasisti del Metrò”: un gruppo di musicisti tzigani incontrati nel 1998 dal Maestro nella metropolitana di Milano. Un progetto artistico che coniuga il ritmo allegro della musica Rom con la sofisticata canzone italiana d’autore, senza trascurare i colori della rumba e del flamenco
17.06
2010
LA BOTTARI LATTES E' LA VERA EREDE DEL GRINZANE CAVOUR
La Bottari Lattes è la vera erede del premio Grinzane Cavour
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Le affermazioni del sindaco di Costigliole d’Asti dottor Giovanni Boriero possono generare confusione e disorientamento nell’opinione pubblica
Abbiamo appreso con stupore dalla voce del sindaco di Costigliole d’Asti, dottor Giovanni Boriero intervistato per TGR Piemonte, che il nascente “Parco Culturale Piemonte Paesaggio Umano” di cui, per altro, anche la nostra Fondazione è parte attiva, ha raccolto l’eredità del Premio Grinzane.
Tale affermazione che può ingenerare equivoci e anche disorientamento tra gli ascoltatori ed in generale nell’opinione pubblica, a nostro avviso, mortifica l’impegno che la Fondazione Bottari Lattes ed in particolare la sua Presidente Caterina Bottari Lattes hanno dedicato nei mesi scorsi alla controversa vicenda dell’asta giudiziaria circa i beni materiali e immateriali dell’ex Premio Grinzane Cavour.
L’esito dell’asta, di cui i giornali e la televisione hanno dato ampia ed esauriente notizia nei mesi scorsi, non lasciava spazio ad interpretazioni diverse, ovvero la Fondazione monfortese , dopo una travagliata vicenda in cui erano emersi il carattere e la determinazione della signora Bottari, si é aggiudicata definitivamente l’eredità del Premio Grinzane Cavour e la titolarità del nome dell’Associazione Premio Grinzane Cavour stessa.
Caterina Bottari Lattes attualmente in Inghilterra, in una località del East Sussex a sud di Londra per inaugurare una personale di Mario Lattes e per celebrare il gemellaggio tra il Charleston Manor Festival e Cambi di Stagione la rassegna internazionale di musica da camera organizzato dalla nostra Fondazione, prega i giornalisti della carta stampata e della televisione di far chiarezza sulla vicenda.
Questa affermazione coglie anche di sorpresa il Comitato Scientifico della Fondazione e la Commissione che si sta occupando della preparazione del nuovo premio letterario.
Proprio in questi giorni si sono gettate le basi del premio internazionale di narrativa, che si propone quale erede e prosecutore del “Premio Grinzane Cavour” e che assumerà la denominazione “ Premio Bottari Lattes Grinzane” il cui Bando e relativo Regolamento saranno presentati all’Assessore Regionale alla Cultura Michele Coppola entro la metà del prossimo mese di luglio.
Adolfo Ivaldi
Vice Presidente Fondazione Bottari Lattes
Monforte d'Alba
Fondazione Bottari Lattes
via G. Marconi n. 16
Tel. +39 0173789282
info@fondazionebottarilattes.it
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Le affermazioni del sindaco di Costigliole d’Asti dottor Giovanni Boriero possono generare confusione e disorientamento nell’opinione pubblica
Abbiamo appreso con stupore dalla voce del sindaco di Costigliole d’Asti, dottor Giovanni Boriero intervistato per TGR Piemonte, che il nascente “Parco Culturale Piemonte Paesaggio Umano” di cui, per altro, anche la nostra Fondazione è parte attiva, ha raccolto l’eredità del Premio Grinzane.
Tale affermazione che può ingenerare equivoci e anche disorientamento tra gli ascoltatori ed in generale nell’opinione pubblica, a nostro avviso, mortifica l’impegno che la Fondazione Bottari Lattes ed in particolare la sua Presidente Caterina Bottari Lattes hanno dedicato nei mesi scorsi alla controversa vicenda dell’asta giudiziaria circa i beni materiali e immateriali dell’ex Premio Grinzane Cavour.
L’esito dell’asta, di cui i giornali e la televisione hanno dato ampia ed esauriente notizia nei mesi scorsi, non lasciava spazio ad interpretazioni diverse, ovvero la Fondazione monfortese , dopo una travagliata vicenda in cui erano emersi il carattere e la determinazione della signora Bottari, si é aggiudicata definitivamente l’eredità del Premio Grinzane Cavour e la titolarità del nome dell’Associazione Premio Grinzane Cavour stessa.
Caterina Bottari Lattes attualmente in Inghilterra, in una località del East Sussex a sud di Londra per inaugurare una personale di Mario Lattes e per celebrare il gemellaggio tra il Charleston Manor Festival e Cambi di Stagione la rassegna internazionale di musica da camera organizzato dalla nostra Fondazione, prega i giornalisti della carta stampata e della televisione di far chiarezza sulla vicenda.
Questa affermazione coglie anche di sorpresa il Comitato Scientifico della Fondazione e la Commissione che si sta occupando della preparazione del nuovo premio letterario.
Proprio in questi giorni si sono gettate le basi del premio internazionale di narrativa, che si propone quale erede e prosecutore del “Premio Grinzane Cavour” e che assumerà la denominazione “ Premio Bottari Lattes Grinzane” il cui Bando e relativo Regolamento saranno presentati all’Assessore Regionale alla Cultura Michele Coppola entro la metà del prossimo mese di luglio.
Adolfo Ivaldi
Vice Presidente Fondazione Bottari Lattes
Monforte d'Alba
Fondazione Bottari Lattes
via G. Marconi n. 16
Tel. +39 0173789282
info@fondazionebottarilattes.it
19.01
2013
GALLERIA ASSOCIAZIONE CULTURALE "IL QUADRATO"
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
OMAGGIO AD ANNA E SERGIO ROSSO prima di "cessata l'attività".
CHIERI - Salone del Ghetto vico della Pace n. 8
Fino al 05 Febbraio 2013
Maestri Incisori del '900.
G. Barbisan, L. Bartolini, M. Boglione, Cino Bozzetti,M. Calandri, B. Cassinari, S. Cherchi, G. De Chirico, G. Demo, E. Dogliani, Armando Donna, G. Ferroni, E. Greco, M. Maccari, G. Manzù, Marino Marini, Fausto Melotti, E. Morlotti, A. Zoran Music, E. Paulucci, Karl Plattner, Piero Ruggeri, Sergio Saroni, Alberto Savinio, Giuseppe Viviani.
A cura di Adriano Benzi e Gianfranco Schialvino.
16,30 - 19,30 chiuso domenica e lunedì. 0119408672
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
OMAGGIO AD ANNA E SERGIO ROSSO prima di "cessata l'attività".
CHIERI - Salone del Ghetto vico della Pace n. 8
Fino al 05 Febbraio 2013
Maestri Incisori del '900.
G. Barbisan, L. Bartolini, M. Boglione, Cino Bozzetti,M. Calandri, B. Cassinari, S. Cherchi, G. De Chirico, G. Demo, E. Dogliani, Armando Donna, G. Ferroni, E. Greco, M. Maccari, G. Manzù, Marino Marini, Fausto Melotti, E. Morlotti, A. Zoran Music, E. Paulucci, Karl Plattner, Piero Ruggeri, Sergio Saroni, Alberto Savinio, Giuseppe Viviani.
A cura di Adriano Benzi e Gianfranco Schialvino.
16,30 - 19,30 chiuso domenica e lunedì. 0119408672
21.09
2014
VECCHI ANTICO MOSTRE VIRTUALI
Mostre Virtuali di Artisti Contemporanei. IN PERMANENZA
IN PERMANENZA
IN PERMANENZA
IN PERMANENZA
IN PERMANENZA
IN PERMANENZA
IN PERMANENZA
16.07
2016
I MENU RACCONTANO - storie in tavola
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
VECCHIANTICO A B COLLEZIONISMO.
-------------------------------
I MENU RACCONTANO storie in tavola.
a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo.
Testi in catalogo di Gianfranco Schialvino.
Acqui Terme Palazzo Robellini Piazza Levi.
dal 16 Luglio al 4 Settembre 2016.
Venerdì 15 Luglio 2016 alle ore 19,30 si inaugura.
A seguito di Expo Milano 2015 – Nutrire il pianeta – maggio – ottobre 2015 e dopo il successo della mostra " Carte in tavola" alla biblioteca Braidense di Milano e alla mostra
"Menù Arte con Gusto" Palazzo Robellini Acqui Terme Luglio -Agosto 2015 si è pensato come chiusura del grande evento milanese ad una nuova mostra di menù d'epoca e contemporanei MAI ESPOSTI NELLE PRECEDENTI EDIZIONI.
mostra “I MENU RACCONTANO - storie in tavola” e relativo catalogo.
La mostra consiste nell’esposizione di circa 300 menù d’epoca e attuali ( 1845 – 2015) con particolare
riferimento alla Real Casa Savoia, ai menu stampati su seta ed agli eventi che anno caratterizzato il primo novecento fino ad arrivare ai nostri giorni.
I menù sono racchiusi in circa 60 cornici.
Catalogo: 208 pagine circa, formato A4 con immagini a colori, didascalie, testi di presentazione, testo introduttivo, testi a presentazione dei vari gruppi cui è suddivisa l’impaginazione.
Orario : dal 16 Luglio al 4 Settembre 2016, da martedì a domenica: 10 - 12 e 15,30 - 19
Lunedì chiuso - Ingresso gratuito
Catalogo in mostra.
con il patrocinio di: Città di Acqui Terme - Accademia Italiana della Cucina - ONAV - Rotary Club Acqui Terme
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
VECCHIANTICO A B COLLEZIONISMO.
-------------------------------
I MENU RACCONTANO storie in tavola.
a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo.
Testi in catalogo di Gianfranco Schialvino.
Acqui Terme Palazzo Robellini Piazza Levi.
dal 16 Luglio al 4 Settembre 2016.
Venerdì 15 Luglio 2016 alle ore 19,30 si inaugura.
A seguito di Expo Milano 2015 – Nutrire il pianeta – maggio – ottobre 2015 e dopo il successo della mostra " Carte in tavola" alla biblioteca Braidense di Milano e alla mostra
"Menù Arte con Gusto" Palazzo Robellini Acqui Terme Luglio -Agosto 2015 si è pensato come chiusura del grande evento milanese ad una nuova mostra di menù d'epoca e contemporanei MAI ESPOSTI NELLE PRECEDENTI EDIZIONI.
mostra “I MENU RACCONTANO - storie in tavola” e relativo catalogo.
La mostra consiste nell’esposizione di circa 300 menù d’epoca e attuali ( 1845 – 2015) con particolare
riferimento alla Real Casa Savoia, ai menu stampati su seta ed agli eventi che anno caratterizzato il primo novecento fino ad arrivare ai nostri giorni.
I menù sono racchiusi in circa 60 cornici.
Catalogo: 208 pagine circa, formato A4 con immagini a colori, didascalie, testi di presentazione, testo introduttivo, testi a presentazione dei vari gruppi cui è suddivisa l’impaginazione.
Orario : dal 16 Luglio al 4 Settembre 2016, da martedì a domenica: 10 - 12 e 15,30 - 19
Lunedì chiuso - Ingresso gratuito
Catalogo in mostra.
con il patrocinio di: Città di Acqui Terme - Accademia Italiana della Cucina - ONAV - Rotary Club Acqui Terme
15.05
2015
CARTE IN TAVOLA- BIBLIOTECA QUERINIANA - BRESCIA
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
BRESCIA
Dal 15 Maggio al13 Giugno 2015. Carte in Tavola: in mostra alla Biblioteca Queriniana
“CARTE IN TAVOLA”, I MENU IN MOSTRA ALLA QUERINIANA
Venerdì 15 maggio, alle 17.30, nell’atrio storico della Biblioteca Civica Queriniana, sarà
inaugurata la mostra “Carte in tavola” che rimarrà aperta fino al 6 giugno. L’esposizione, proposta
da Gianfranco Schialvino e Adriano Benzi in collaborazione con la Biblioteca Civica Queriniana e il
personale del settore cultura, turismo e biblioteche del Comune di Brescia, comprende una
preziosa selezione di “menu”, ovvero dei cartoncini collocati sulla tavola ad uso dei commensali
che, sia in passato che oggi, elencano la sequenza delle portate di un banchetto.
L’origine di tale tradizione deriva dalla trascrizione in “minuta” delle proposte alimentari
quotidiane presso le famiglie aristocratiche e segna il passaggio dal “servizio francese”, che
prevedeva l’immediata disponibilità di tutte le portate, al “servizio alla russa” che stabiliva la
successione delle portate secondo un ordine prestabilito.
Il cibo rappresenta un formidabile marcatore sociale. Così nella mostra si scoprirà che i codici
alimentari erano impiegati per indicare i cibi più adatti ai differenti ceti sociali. Inoltre, come
documentato da alcuni menu esposti, l’abbondanza e la diversità del cibo consumato è da sempre
stata esibita come attributo del potere a sottolineare la ricchezza della tavola e la disponibilità di
alimenti rari e ricercati.
L’immaginazione dei visitatori sarà stimolata dall’osservazione dei supporti particolarmente
elaborati, dalla preziosità ostentata nelle diverse tecniche decorative impiegate, dalle differenti
situazioni proposte che spaziano dai sontuosi banchetti reali ai viaggi del pontefice, dai convivi di
stato, alle situazioni più intime e famigliari come la celebrazione di una nascita.
L’esposizione, a ingresso libero, sarà aperta da martedì a venerdì dalle 8.45 alle 18, il sabato dalle
8.30 alle 12.30. Informazioni: tel. 030 2978200, e-mail queriniana@comune.brescia.it
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
BRESCIA
Dal 15 Maggio al13 Giugno 2015. Carte in Tavola: in mostra alla Biblioteca Queriniana
“CARTE IN TAVOLA”, I MENU IN MOSTRA ALLA QUERINIANA
Venerdì 15 maggio, alle 17.30, nell’atrio storico della Biblioteca Civica Queriniana, sarà
inaugurata la mostra “Carte in tavola” che rimarrà aperta fino al 6 giugno. L’esposizione, proposta
da Gianfranco Schialvino e Adriano Benzi in collaborazione con la Biblioteca Civica Queriniana e il
personale del settore cultura, turismo e biblioteche del Comune di Brescia, comprende una
preziosa selezione di “menu”, ovvero dei cartoncini collocati sulla tavola ad uso dei commensali
che, sia in passato che oggi, elencano la sequenza delle portate di un banchetto.
L’origine di tale tradizione deriva dalla trascrizione in “minuta” delle proposte alimentari
quotidiane presso le famiglie aristocratiche e segna il passaggio dal “servizio francese”, che
prevedeva l’immediata disponibilità di tutte le portate, al “servizio alla russa” che stabiliva la
successione delle portate secondo un ordine prestabilito.
Il cibo rappresenta un formidabile marcatore sociale. Così nella mostra si scoprirà che i codici
alimentari erano impiegati per indicare i cibi più adatti ai differenti ceti sociali. Inoltre, come
documentato da alcuni menu esposti, l’abbondanza e la diversità del cibo consumato è da sempre
stata esibita come attributo del potere a sottolineare la ricchezza della tavola e la disponibilità di
alimenti rari e ricercati.
L’immaginazione dei visitatori sarà stimolata dall’osservazione dei supporti particolarmente
elaborati, dalla preziosità ostentata nelle diverse tecniche decorative impiegate, dalle differenti
situazioni proposte che spaziano dai sontuosi banchetti reali ai viaggi del pontefice, dai convivi di
stato, alle situazioni più intime e famigliari come la celebrazione di una nascita.
L’esposizione, a ingresso libero, sarà aperta da martedì a venerdì dalle 8.45 alle 18, il sabato dalle
8.30 alle 12.30. Informazioni: tel. 030 2978200, e-mail queriniana@comune.brescia.it
14.07
2017
ROMANO LEVI - Artista e Poeta
.EVENTO TERMINATO
in esposizione 200 opere
(bottiglie originali)
Palazzo Robellini
Piazza Levi
ACQUI TERME
dal 15 Luglio al 3 Settembre 2017
orario 10 - 12 e 15,30 - 19
lunedì chiuso
ingresso libero
informazioni:
0144 329854 - 330 470060
benzi.adriano@mclink.it
0144 770272 - cultura@comuneacqui.com
Romano Levi
La sua storia: già l’anagrafe è poesia,
lieta e tragica, come la vita
.....è lui che disegna con china e pennino
le sue etichette: sì, perchè alla scritta
olografa si aggiunge ora tutta una
spiritosa discendenza di figurine di fiori,
di voli di rondini,
di campanili e di donne: le affascinanti
“donne selvatiche che scavalicano le colline”;
tutte (molte con dedica sorridente) di sua mano.
Famosa tra tante quella per il suo fido
aiutante/amico: “A Fiore di Marcorino,
ardente presidente della chiesa di san Rocco”;
più soffuso e schivo, altrove,
il brivido schietto dell’amicizia:
“Ad Adriano e Rosalba, augurando fiori e frutti”
.......Gentilezza ed arguzia si mescolano
al trascorrere dei giorni operosi:
ha accanto, con la sorella che ingentilisce di fiori
e aromi selvatici le bottiglie delle “donne selvatiche”,
un corteggio di care bestiole, tra cui una
troupe di gattini, tutti col loro nome allusivo;
il capo è Vicebrigadiere,
malizioso rimando al “caporale” di Totò........ Riccardo Brondolo
in esposizione 200 opere
(bottiglie originali)
Palazzo Robellini
Piazza Levi
ACQUI TERME
dal 15 Luglio al 3 Settembre 2017
orario 10 - 12 e 15,30 - 19
lunedì chiuso
ingresso libero
informazioni:
0144 329854 - 330 470060
benzi.adriano@mclink.it
0144 770272 - cultura@comuneacqui.com
Romano Levi
La sua storia: già l’anagrafe è poesia,
lieta e tragica, come la vita
.....è lui che disegna con china e pennino
le sue etichette: sì, perchè alla scritta
olografa si aggiunge ora tutta una
spiritosa discendenza di figurine di fiori,
di voli di rondini,
di campanili e di donne: le affascinanti
“donne selvatiche che scavalicano le colline”;
tutte (molte con dedica sorridente) di sua mano.
Famosa tra tante quella per il suo fido
aiutante/amico: “A Fiore di Marcorino,
ardente presidente della chiesa di san Rocco”;
più soffuso e schivo, altrove,
il brivido schietto dell’amicizia:
“Ad Adriano e Rosalba, augurando fiori e frutti”
.......Gentilezza ed arguzia si mescolano
al trascorrere dei giorni operosi:
ha accanto, con la sorella che ingentilisce di fiori
e aromi selvatici le bottiglie delle “donne selvatiche”,
un corteggio di care bestiole, tra cui una
troupe di gattini, tutti col loro nome allusivo;
il capo è Vicebrigadiere,
malizioso rimando al “caporale” di Totò........ Riccardo Brondolo
01.04
2014
CARTE IN TAVOLA
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
C O M U N I C A T O S T A M P A
Sala Maria Teresa della Biblioteca Nazionale Braidense
Via Brera, 28 - Milano
Martedì 1 Aprile 2013 alle ore 18 si inaugura la mostra
CARTE IN TAVOLA
ideata e curata da Gianfranco Schialvino e Adriano Benzi
e realizzata in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Braidense
con il patrocinio dell’Accademia Italiana della Cucina
L’esposizione, inserita nel progetto “Dalla Terra alla Tavola”, si incentra sull’intervento degli
artisti nella presentazione grafica del menu, che fu “inventato” quando la preparazione della
tavola con le vivande presentate “alla russa” (cioè con le portate in successione) sostituì, da
metà Ottocento, l’allestimento “alla francese” (con le portate tutte in tavola a inizio convivio).
Gli oltre 300 pezzi esposti sono divisi in tre sezioni:
- una serie di rarissimi menu storici decorati, sia in unico esemplare originale dipinto
dall’artista, sia stampati su carta e su seta, con incisioni, litografie, serigrafie in tiratura limitata.
Saranno esposti nelle 12 teche storiche della sala, divisi per altrettante sezioni (dei Savoia, dei
capi di Stato, natalizi, delle navi, dei café chantant, di guerra, autarchici, dei grand-hotel, delle
locande, con decorazioni floreali, comici, maliziosi ecc.).
- una serie di bozzetti originali di menu ed etichette per vini di artisti contemporanei di fama
internazionale, alcuni dei quali realizzati appositamente per questa occasione: Mimmo Paladino,
Salvo, Enrico Paulucci, Piero Manzoni, Alberto Savinio, Marino Marini, Georges Mathieu, Luca
Crippa, Valerio Adami, Franco Gentilini, Ugo Nespolo, Mario Calandri, Picasso ecc. (le opere
di grandi dimensioni saranno esposte nei pannelli verticali a lato del salone).
- una scelta di libri del patrimonio della Biblioteca Nazionale Braidense, che identificheranno
l’interesse per la cucina e la tavola nella storia e nella cultura.
Le opere provengono da collezionisti privati (collezione Vecchiantico, Accademia Italiana
della Cucina, Fattoria Nittardi, collezione Musci ecc.).
ORARIO: dall’1 al 30 aprile 2014 - dal lunedì al sabato, dalle 9,30 alle 13,30 Ingresso gratuito e catalogo in libera distribuzione Biblioteca nazionale Braidense - Servizio promozione, sviluppo e didattica
Tel. 02 86460907 int.507 – Email: b-brai.didattica@beniculturali.it
http://www.mostre-vecchiantico.com/
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
C O M U N I C A T O S T A M P A
Sala Maria Teresa della Biblioteca Nazionale Braidense
Via Brera, 28 - Milano
Martedì 1 Aprile 2013 alle ore 18 si inaugura la mostra
CARTE IN TAVOLA
ideata e curata da Gianfranco Schialvino e Adriano Benzi
e realizzata in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Braidense
con il patrocinio dell’Accademia Italiana della Cucina
L’esposizione, inserita nel progetto “Dalla Terra alla Tavola”, si incentra sull’intervento degli
artisti nella presentazione grafica del menu, che fu “inventato” quando la preparazione della
tavola con le vivande presentate “alla russa” (cioè con le portate in successione) sostituì, da
metà Ottocento, l’allestimento “alla francese” (con le portate tutte in tavola a inizio convivio).
Gli oltre 300 pezzi esposti sono divisi in tre sezioni:
- una serie di rarissimi menu storici decorati, sia in unico esemplare originale dipinto
dall’artista, sia stampati su carta e su seta, con incisioni, litografie, serigrafie in tiratura limitata.
Saranno esposti nelle 12 teche storiche della sala, divisi per altrettante sezioni (dei Savoia, dei
capi di Stato, natalizi, delle navi, dei café chantant, di guerra, autarchici, dei grand-hotel, delle
locande, con decorazioni floreali, comici, maliziosi ecc.).
- una serie di bozzetti originali di menu ed etichette per vini di artisti contemporanei di fama
internazionale, alcuni dei quali realizzati appositamente per questa occasione: Mimmo Paladino,
Salvo, Enrico Paulucci, Piero Manzoni, Alberto Savinio, Marino Marini, Georges Mathieu, Luca
Crippa, Valerio Adami, Franco Gentilini, Ugo Nespolo, Mario Calandri, Picasso ecc. (le opere
di grandi dimensioni saranno esposte nei pannelli verticali a lato del salone).
- una scelta di libri del patrimonio della Biblioteca Nazionale Braidense, che identificheranno
l’interesse per la cucina e la tavola nella storia e nella cultura.
Le opere provengono da collezionisti privati (collezione Vecchiantico, Accademia Italiana
della Cucina, Fattoria Nittardi, collezione Musci ecc.).
ORARIO: dall’1 al 30 aprile 2014 - dal lunedì al sabato, dalle 9,30 alle 13,30 Ingresso gratuito e catalogo in libera distribuzione Biblioteca nazionale Braidense - Servizio promozione, sviluppo e didattica
Tel. 02 86460907 int.507 – Email: b-brai.didattica@beniculturali.it
http://www.mostre-vecchiantico.com/
15.07
2016
I MENU RACCONTANO - storie in tavola
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
VECCHIANTICO A B COLLEZIONISMO.
-------------------------------
I MENU RACCONTANO storie in tavola.
a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo.
Testi in catalogo di Gianfranco Schialvino.
Acqui Terme
Palazzo Robellini Piazza Levi
dal 16 Luglio al 4 Settembre 2016.
Venerdì 15 Luglio 2016 alle ore 19,30 si inaugura.
A seguito di Expo Milano 2015 – Nutrire il pianeta – maggio – ottobre 2015
e dopo il successo della mostra " Carte in tavola" alla biblioteca Braidense di Milano e alla mostra
"Menù Arte con Gusto" Palazzo Robellini Acqui Terme Luglio -Agosto 2015
si è pensato come chiusura del grande evento milanese
ad una nuova mostra di menù d'epoca e contemporanei MAI ESPOSTI NELLE PRECEDENTI EDIZIONI.
mostra “I MENU RACCONTANO - storie in tavola” e relativo catalogo.
La mostra consiste nell’esposizione di circa 300 menù d’epoca e attuali ( 1845 – 2015) con particolare
riferimento alla Real Casa Savoia, ai menu stampati su seta ed agli eventi che anno caratterizzato il primo novecento fino ad arrivare ai nostri giorni.
I menù sono racchiusi in circa 60 cornici.
Catalogo: 208 pagine circa, formato A4 con immagini a colori, didascalie, testi di presentazione, testo introduttivo, testi a presentazione dei vari gruppi cui è suddivisa l’impaginazione.
Orario : dal 16 Luglio al 4 Settembre 2016, da martedì a domenica: 10 - 12 e 15,30 - 19
Lunedì chiuso - Ingresso gratuito
Catalogo in mostra.
con il patrocinio di: Città di Acqui Terme - Accademia Italiana della Cucina - ONAV - Rotary Club Acqui Terme
EVENTO CONCLUSO
EVENTO CONCLUSO
VECCHIANTICO A B COLLEZIONISMO.
-------------------------------
I MENU RACCONTANO storie in tavola.
a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo.
Testi in catalogo di Gianfranco Schialvino.
Acqui Terme
Palazzo Robellini Piazza Levi
dal 16 Luglio al 4 Settembre 2016.
Venerdì 15 Luglio 2016 alle ore 19,30 si inaugura.
A seguito di Expo Milano 2015 – Nutrire il pianeta – maggio – ottobre 2015
e dopo il successo della mostra " Carte in tavola" alla biblioteca Braidense di Milano e alla mostra
"Menù Arte con Gusto" Palazzo Robellini Acqui Terme Luglio -Agosto 2015
si è pensato come chiusura del grande evento milanese
ad una nuova mostra di menù d'epoca e contemporanei MAI ESPOSTI NELLE PRECEDENTI EDIZIONI.
mostra “I MENU RACCONTANO - storie in tavola” e relativo catalogo.
La mostra consiste nell’esposizione di circa 300 menù d’epoca e attuali ( 1845 – 2015) con particolare
riferimento alla Real Casa Savoia, ai menu stampati su seta ed agli eventi che anno caratterizzato il primo novecento fino ad arrivare ai nostri giorni.
I menù sono racchiusi in circa 60 cornici.
Catalogo: 208 pagine circa, formato A4 con immagini a colori, didascalie, testi di presentazione, testo introduttivo, testi a presentazione dei vari gruppi cui è suddivisa l’impaginazione.
Orario : dal 16 Luglio al 4 Settembre 2016, da martedì a domenica: 10 - 12 e 15,30 - 19
Lunedì chiuso - Ingresso gratuito
Catalogo in mostra.
con il patrocinio di: Città di Acqui Terme - Accademia Italiana della Cucina - ONAV - Rotary Club Acqui Terme
07.03
2017
CASA MANZONI - MILANO I MENU RACCONTANO - storie in tavola.
EVENTO TERMINATO
EVENTO TERMINATO
EVENTO TERMINATO
CASA MANZONI - MILANO
Fino al 2 Aprile 2017.
I MENU RACCONTANO - storie in tavola.
VECCHIANTICO A B COLLEZIONISMO.
-------------------------------
I MENU RACCONTANO storie in tavola.
a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo.
Testi in catalogo di Gianfranco Schialvino.
Dal 7 marzo al 4 aprile Casa Manzoni ospita la mostra I menu raccontano. Storie in tavola dal 1845 ai nostri giorni.
E' esposta una raccolta unica di menu: capolavori e pezzi di storia, dipinti a mano o stampati, da quelli di Casa Savoia ai déjeuner francesi dell'800 fino a quelli dei viaggi papali.
La mostra è visitabile da martedì a venerdì dalle 10 alle 18; sabato dalle 14 alle 18.
39 02 86460403
Email: info@casadelmanzoni.it
segreteria@casadelmanzoni.it
prenotazioni@casadelmanzoni.it
EVENTO TERMINATO
EVENTO TERMINATO
CASA MANZONI - MILANO
Fino al 2 Aprile 2017.
I MENU RACCONTANO - storie in tavola.
VECCHIANTICO A B COLLEZIONISMO.
-------------------------------
I MENU RACCONTANO storie in tavola.
a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo.
Testi in catalogo di Gianfranco Schialvino.
Dal 7 marzo al 4 aprile Casa Manzoni ospita la mostra I menu raccontano. Storie in tavola dal 1845 ai nostri giorni.
E' esposta una raccolta unica di menu: capolavori e pezzi di storia, dipinti a mano o stampati, da quelli di Casa Savoia ai déjeuner francesi dell'800 fino a quelli dei viaggi papali.
La mostra è visitabile da martedì a venerdì dalle 10 alle 18; sabato dalle 14 alle 18.
39 02 86460403
Email: info@casadelmanzoni.it
segreteria@casadelmanzoni.it
prenotazioni@casadelmanzoni.it
13.07
2018
PUBBLICITA' PUBLICITE' a cura di Adriano e Rosalba Benzi
ACQUI TERME PALAZZO ROBELLINI
dal 14 luglio al 2 settembre 2018
INAUGURAZIONE 13 Luglio ore 19,30
in esposizione 200
locandine pubblicitarie
(mirate ad alimenti e generi di conforto)
Palazzo Robellini
Piazza Levi
ACQUI TERME
dal 14 Luglio al 2 Settembre 2018
orario 10 - 12,30 e 16 - 19
lunedì chiuso
ingresso libero
informazioni:
0144 329854 - 330 470060
benzi.adriano@mclink.it
0144 770272 - cultura@comuneacqui.com.
http://www.mostre-vecchiantico.com/
dal 14 luglio al 2 settembre 2018
INAUGURAZIONE 13 Luglio ore 19,30
in esposizione 200
locandine pubblicitarie
(mirate ad alimenti e generi di conforto)
Palazzo Robellini
Piazza Levi
ACQUI TERME
dal 14 Luglio al 2 Settembre 2018
orario 10 - 12,30 e 16 - 19
lunedì chiuso
ingresso libero
informazioni:
0144 329854 - 330 470060
benzi.adriano@mclink.it
0144 770272 - cultura@comuneacqui.com.
http://www.mostre-vecchiantico.com/
06.04
2019
PUBBLICITA' PUBLICITE' 2019
PUBBLICITA' PUBLICITE' a cura di Adriano e Rosalba Benzi
BIELLA
dal 6 aprile al 28 aprile 2019
INAUGURAZIONE 5 aprile ore 17
in esposizione 200
locandine pubblicitarie
(mirate ad alimenti e generi di conforto)
Fondazione Cassa Risparmio di Biella - Spazio Cultura - via Garibaldi 14
dal 6 aprile al 28 aprile 2019
ingresso libero
informazioni:
015 0991868
0144 329854 - 330 470060
benzi.adriano@mclink.it - emanuele.rolando@fondazionecrbiella.it
BIELLA
dal 6 aprile al 28 aprile 2019
INAUGURAZIONE 5 aprile ore 17
in esposizione 200
locandine pubblicitarie
(mirate ad alimenti e generi di conforto)
Fondazione Cassa Risparmio di Biella - Spazio Cultura - via Garibaldi 14
dal 6 aprile al 28 aprile 2019
ingresso libero
informazioni:
015 0991868
0144 329854 - 330 470060
benzi.adriano@mclink.it - emanuele.rolando@fondazionecrbiella.it
16.05
2021
"EX LIBRIS PERSONALI di Adriano Benzi, Rosalba Dolermo, Giorgio Frigo"
comunicato stampa
"EX LIBRIS PERSONALI di Adriano Benzi, Rosalba Dolermo, Giorgio Frigo"
a cura di Adriano Benzi, Rosalba Dolermo e Giorgio Frigo
omaggio a Michel Fingesten
Acqui Terme
Palazzo Robellini - Piazza Levi
dal 16 al 30 Maggio 2021
La mostra in oggetto
"EX LIBRIS PERSONALI di Adriano Benzi Rosalba Dolermo Giorgio Frigo"
consiste in una rassegna di oltre 200 opere commissionate appositamente
(Calcografie e Xilografie) ai maggiori Artisti nazionali e internazionali
che hanno esposto in numerosissime mostre personali in Italia e all’estero,
molti dei quali ancora operanti.
Questa mostra, permette di ripercorrere
le tappe fondamentali dell'Ex Libris, con i suoi cambiamenti
sia da parte degli artisti stessi sia da parte dei committenti.
A conferma di ciò, saranno esposti circa 30 Ex Libris
dell'artista Michel Fingesten (Butzkowitz,18 aprile 1884 - Cerisano, 8 ottobre 1943)
A corredo dell’esposizione ci sarà un catalogo con tutte le immagini
ripartite in gruppi omogenei
e scritti di approfondimenti sulle tecniche di esecuzione
Acqui Terme dal 16 Maggio al 30 Maggio 2021
con il seguente orario dal Martedì al Venerdì 16 - 19
Sabato e Domenica 10 - 12,30 16 - 19
Lunedì chiuso - Ingresso gratuito - Catalogo in mostra
info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it - giorgio.frigo@tin.it - info@vecchiantico.com
cultura@comuneacqui.com - 0144 770272
http://www.mostre-vecchiantico.com - 330 470060
con il patrocinio di Città di Acqui Terme,
Cento Amici del Libro, Rotary Club Acqui Terme
"EX LIBRIS PERSONALI di Adriano Benzi, Rosalba Dolermo, Giorgio Frigo"
a cura di Adriano Benzi, Rosalba Dolermo e Giorgio Frigo
omaggio a Michel Fingesten
Acqui Terme
Palazzo Robellini - Piazza Levi
dal 16 al 30 Maggio 2021
La mostra in oggetto
"EX LIBRIS PERSONALI di Adriano Benzi Rosalba Dolermo Giorgio Frigo"
consiste in una rassegna di oltre 200 opere commissionate appositamente
(Calcografie e Xilografie) ai maggiori Artisti nazionali e internazionali
che hanno esposto in numerosissime mostre personali in Italia e all’estero,
molti dei quali ancora operanti.
Questa mostra, permette di ripercorrere
le tappe fondamentali dell'Ex Libris, con i suoi cambiamenti
sia da parte degli artisti stessi sia da parte dei committenti.
A conferma di ciò, saranno esposti circa 30 Ex Libris
dell'artista Michel Fingesten (Butzkowitz,18 aprile 1884 - Cerisano, 8 ottobre 1943)
A corredo dell’esposizione ci sarà un catalogo con tutte le immagini
ripartite in gruppi omogenei
e scritti di approfondimenti sulle tecniche di esecuzione
Acqui Terme dal 16 Maggio al 30 Maggio 2021
con il seguente orario dal Martedì al Venerdì 16 - 19
Sabato e Domenica 10 - 12,30 16 - 19
Lunedì chiuso - Ingresso gratuito - Catalogo in mostra
info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it - giorgio.frigo@tin.it - info@vecchiantico.com
cultura@comuneacqui.com - 0144 770272
http://www.mostre-vecchiantico.com - 330 470060
con il patrocinio di Città di Acqui Terme,
Cento Amici del Libro, Rotary Club Acqui Terme
18.07
2021
“MARIO CALANDRI - il ritorno” a cura di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo Acqui Terme Palazzo Robellini - Piazza Levi. Inaugurazione Sabato 17 Luglio 2021 - ore 18,30
Canelli Salone Riccadonna - Corso Libertà 25 Inaugurazione Sabato 18 Settembre 2021 - ore 18,30
La mostra in oggetto " MARIO CALANDRI - il ritorno" -il ritorno nei luoghi dove sono state sue fondamentali mostre- consiste nell'esposizione di circa 100 opere ( calcografie-acqueforti, libri d'artista,ed in minor numero disegni, tecniche miste, acquerelli) del grande artista torinese., che permettono di ripercorrere le tappe fondamentali del suo lavoro. Mario Calandri è considerato uno dei massimi incisori del XX secolo e si colloca nell'olimpo degli artisti specializzati nella grafica. L'artista torinese è stato anche un pittore, disegnatore, acquarellista capace di effettuare sostanziosi scambi artistici tra l'incisione e la pittura modulando ed influenzando, ora nell'uno ora nell'altro, invenzioni ed emozioni. Calandri come incisore ha partecipato alle più importanti rassegne nazionali e internazionali ed ha esposto in numerosissime mostre personali in Italia e all’estero. Mostre di Mario Calandri ad Acqui Terme erano già state nel 1988 a Palazzo Robellini, e nel 1994 l'antologica al Liceo Saracco. A Canelli ,Centro per la Cultura e per l'Arte Luigi Bosca nel 1985 A Cavatore Casa Felicita, Calandri Intimo nel 2003 A corredo dell’esposizione un video ed un catalogo con tutte le immagini in gruppi omogenei e commentate da scritti di Elisabetta Cocito e Gianfranco Schialvino.
Data e orario: Acqui Terme dal 18 Luglio al 29 Agosto 2021 da Martedì a Domenica 10 - 12,30 e 16 - 19
Lunedì chiuso
- Canelli dal 19 Settembre al 10 Ottobre 2021 da Martedì a Domenica 10 - 12,30 e 16 - 19
Lunedì chiuso.
-Ingresso gratuito - Catalogo in mostra info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it - info@vecchiantico.com cultura@comuneacqui.com - 0144 770272 - - manifestazioni@comune.canelli.at.it - 0141/820272 http://www.mostre-vecchiantico.com - 330 470060
con il patrocinio di Città di Acqui Terme, Città di Canelli,
Cento Amici del Libro, ONAV sezione di Alessandria ,
Rotary Club Acqui Terme, Rotary Club Canelli - Nizza Monferrato
Canelli Salone Riccadonna - Corso Libertà 25 Inaugurazione Sabato 18 Settembre 2021 - ore 18,30
La mostra in oggetto " MARIO CALANDRI - il ritorno" -il ritorno nei luoghi dove sono state sue fondamentali mostre- consiste nell'esposizione di circa 100 opere ( calcografie-acqueforti, libri d'artista,ed in minor numero disegni, tecniche miste, acquerelli) del grande artista torinese., che permettono di ripercorrere le tappe fondamentali del suo lavoro. Mario Calandri è considerato uno dei massimi incisori del XX secolo e si colloca nell'olimpo degli artisti specializzati nella grafica. L'artista torinese è stato anche un pittore, disegnatore, acquarellista capace di effettuare sostanziosi scambi artistici tra l'incisione e la pittura modulando ed influenzando, ora nell'uno ora nell'altro, invenzioni ed emozioni. Calandri come incisore ha partecipato alle più importanti rassegne nazionali e internazionali ed ha esposto in numerosissime mostre personali in Italia e all’estero. Mostre di Mario Calandri ad Acqui Terme erano già state nel 1988 a Palazzo Robellini, e nel 1994 l'antologica al Liceo Saracco. A Canelli ,Centro per la Cultura e per l'Arte Luigi Bosca nel 1985 A Cavatore Casa Felicita, Calandri Intimo nel 2003 A corredo dell’esposizione un video ed un catalogo con tutte le immagini in gruppi omogenei e commentate da scritti di Elisabetta Cocito e Gianfranco Schialvino.
Data e orario: Acqui Terme dal 18 Luglio al 29 Agosto 2021 da Martedì a Domenica 10 - 12,30 e 16 - 19
Lunedì chiuso
- Canelli dal 19 Settembre al 10 Ottobre 2021 da Martedì a Domenica 10 - 12,30 e 16 - 19
Lunedì chiuso.
-Ingresso gratuito - Catalogo in mostra info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it - info@vecchiantico.com cultura@comuneacqui.com - 0144 770272 - - manifestazioni@comune.canelli.at.it - 0141/820272 http://www.mostre-vecchiantico.com - 330 470060
con il patrocinio di Città di Acqui Terme, Città di Canelli,
Cento Amici del Libro, ONAV sezione di Alessandria ,
Rotary Club Acqui Terme, Rotary Club Canelli - Nizza Monferrato