Fernando Eandi è nato a Torino nel 1926. Qui ha frequentato la scuola di Arte Decorativa presso l'Accademia Albertina di Belle Arti.
Inizia nell'immediato dopoguerra la sua carriera ufficiale di artista. Sono anni di sereno apprendistato, con un lungo soggiorno a Roma e frequenti viaggi in occasione delle importanti mostre collettive nazionali cui partecipa dal 1952, esponendo alla Promotrice di Belle Arti, Torino, cui seguiranno le presenze a Milano, Premio S. Fedele 1955, Premio Marzotto 1956 e XXI Biennale 1960, La Spezia, Perugia, Arezzo.
Nel 1960 la prima mostra personale alla Galleria Gissi di Torino, accompagnata da lusinghiere pagine di critica firmate da Luigi Carluccio, Angelo Dragone e Marziano Bernardi, che lo spingono a continuare con un linguaggio ormai personale e sorprendentemente spontaneo, decantato dagli influssi coloristici della "figurazione astratta" di Cassinari e Birolli e dalle pennellate decise e marcate di Spazzapan e degli espressionisti tedeschi. E' l'influsso che ancora giunge forte da OltrAlpe che lo attrae ed affascina, sia per la tradizionale vicinanza storica con la capitale sabauda, sia per la presenza culturale di Lionello Venturi, che da Parigi alla fine degli Anni Venti aveva portato a Torino Cézanne e Modigliani, e in seguito i "Jeunes Peintres de Tradition Fraçhaise", Bazaine e Manessier.
Eandi si costruisce uno stile che si fonda su una tavolozza tenue e delicata, pastellata e liquorosa, nebbiosa spesso ed evanescente, ed inaugura una stagione ancor oggi proficua che lo porta, oltre che alle affezionate sale torinesi dell'Approdo, Arte Club e Davico, nelle maggiori gallerie italiane, Genova, Matera, Milano, Città di Castello, anche con mostre di grafica. Rare ma intense le puntate all'estero: Zurigo, Londra, Praga, Berna. Nel 1989-90 è chiamato a svolgere l'attività di docente all'Accademia Albertina.
Casa Felicita a Cavatore si conferma sempre più scrigno prediletto di artisti, nell'incontro con i fogli dei maestri piemontesi del Novecento.
Il protagonista della mostra di questa estate è Fernando Eandi, che vi festeggia i suoi ottant'anni con una ricca raccolta di incisioni e disegni dove la fusione tra le tecniche esclude la separazione netta dei linguaggi per diffondersi in rare ed inedite sinfonie di segni e di colori.
Eandi si confessa pittore di stampo antico, d�altri tempi insomma. Pittore di poesie. Uno di quegli artisti che riescono a vedere quelle cose di cui nessuno tiene più conto: un triciclo perduto, un venditore di canzoni, una scritta sul muro, un pezzo di giornale, un nido di rondine, una scatola di cartone colorata e un gabbiano che becca tra i rifiuti, in riva al Po.
Quella che Eandi persegue, guidato da un temperamento delicato e mistico, è l'emozione che nasce spontanea dall'intimo attraverso una visione insieme reale e incantata, definita nell'accordo plastico e sinuoso delle luci e delle ombre, e nella luminosità che sfocia in una narrazione leggera.
I suoi fogli sono un susseguirsi di appunti, un affollarsi di strade, di persone, di oggetti, in una sorta di lieve eccesso che ti rotola addosso e che s'impadronisce della mente, in un azzardato profondersi dello sguardo attraverso una natura che ondeggia in un'impalpabile rarefazione, confusa nel cielo e nel vento. Dove il colloquio con le anime e le cose che incontri tutti i giorni a ogni passo, e il profilo sensuale di dolcezze flagranti di profumi e di brezze che si confondono in una luce lenta e piena, e dappertutto un ordine segreto che dà a ogni sbattuta di sentimento una validità eterna e un'armonia conchiusa, rivelano il poeta.