«L’opera realizzata non deve essere facilmente definibile, né essere racchiudibile in una scatola, ma
al contrario deve far sorgere una domanda: che cosa nasconde?»
LO SPAZIO, IL TEMPO
- Lo spazio architettonico
Nelle opere in cui è evidente il riferimento all’architettura appare l’arco di una porta stilizzata ispirato
al Palazzo Ducale di Urbino, omaggio all’utopia rinascimentale della “Città ideale” e alla Città del Sole
teorizzata da Tommaso Campanella. Queste opere sono caratterizzate da geometrie aperte, archi
spezzati e cerchi non conclusi: sono tracce di architetture rigorosamente pianificate ma non portate
a termine, a dimostrazione che la “città perfetta” è un’aspirazione ideale, un progetto urbanistico e
filosofico a cui l’artista può tendere, ma che non può realizzare concretamente. Come spiega la
storica dell’arte Elena Pontiggia «al sentimento dell’utopia corrisponde in modo uguale e contrario
un sentimento dell’impossibilità, del limite.» «Se il cerchio ha sempre evocato un’idea di
perfezione […], l’arco si potrebbe intendere come una perfezione a metà. […] Gli archi di cui è
intessuta la pittura di Valentini, poi, rafforzano la sensazione di incompiutezza, perché spesso sono
essi stessi interrotti o contraddetti. Nelle sue opere l’arco si spezza in frammenti, si dilata in ellissi, si
ripete nello spazio come un eco che però non combacia con le linee di origine. […] La geometria,
insomma, vista da vicino rivela fratture, erosioni, smagliature, eresie.»
- Lo spazio celeste
L’interesse di Valentini per il cielo e la cosmografia è evidente nelle opere che descrivono le orbite
dei pianeti: i dischi inseriti in sequenza lungo eleganti traiettorie ellittiche o circolari sono
misurazioni dello spazio, cartografie celesti. Lo sfondo oro delle tavole più recenti è un esplicito
richiamo al sole, mentre il segno grafico dell’occhio allude ad Aldebaran, la stella più luminosa della
costellazione del Toro (una gigante rossa che viene tradizionalmente rappresentata come “l’occhio
destro del toro”). Come la geometria dello spazio architettonico ha fratture ed erosioni così le misure
del cielo prendono la forma di ellissi interrotte, abbozzi di orbite planetarie che suggeriscono il
movimento, ma hanno brusche battute di arresto. I pianeti sono dischi friabili, sgretolati, privi di una
circonferenza chiusa. La percezione umana del cosmo ha il limite di non poter catturare l’universo
nel suo insieme, ma solo frammentariamente. «I miei segni sono sempre interrotti. Una linea
rotonda perfettamente racchiusa tende a suggerire l’idea del sole» , la cui luminosità è accecante,
irriproducibile.
- Lo spazio interiore
Lo spazio da esplorare non è solo celeste o architettonico, ma anche interiore. Valentini lascia alla
fantasia dello spettatore la possibilità di penetrare in quelle zone d’ombra dove razionalità e tecnica
non possono spingersi. Le sue opere sono inviti a viaggiare: «Bisogna accogliere dentro di noi la
vocazione al viaggio, un viaggio spontaneo verso spazi sconosciuti.»
- Il tempo
Oltre allo spazio (interiore, architettonico o celeste che sia) Valentini indaga anche il concetto di
tempo. Il tempo non scorre solo in avanti: il suo ritmo nasce dal dialogo fra presente e passato, fra
sogno e memoria. La materia ha una sua storia, che può essere scavata e indagata in senso
archeologico, ma il recupero del passato può avvenire solo in modo frammentario. Per questo nelle
tavole di Valentini si susseguono superfici sbriciolate e brandelli di materia: il supporto di legno
rappresenta la terra, mentre lo scavo che porta alla luce i vari strati geologici simboleggia la ricerca
del passato, della memoria. Come scrive il critico d’arte Bruno D’Amore, queste opere sono «quasi
reperti archeologici appena abbozzati e tracciati per uno scopo esoterico, mistico, divinatorio.»
I segni che Valentini tracce sulla carta, sulle tavole, sui muri sono eseguiti «con tecniche arcane
tipiche del muratore, dell’imbianchino, tecniche forse usate da millenni.»
Nelle sue opere appaiono griglie di linee che si ripetono secondo precisi ritmi e simmetrie: la
disposizione ritmica dei segni e l’alternanza degli spazi vuoti e degli spazi pieni suggeriscono un
tempo musicale, una partitura silenziosa scritta nel linguaggio della geometria. In altre opere,
invece, il tempo viene evocato in modo più immediato, attraverso simboli legati alla misurazione e al
movimento come la meridiana e il pendolo.
Inoltre le tavole di Valentini non sono mai superfici lisce, ma presentano incavi, rilievi, chiodi, fili
sospesi, dischi, sfere. A seconda dell’angolo di illuminazione cambiano le ombre che vengono
proiettate sullo sfondo della tavola. Le ombre in movimento richiamano inevitabilmente lo scorrere
del tempo.
L’idea di movimento senza fine è presente anche nei grandi frammenti di cerchi concentrici (da
alcuni definiti “labirinti”) che appaiono in opere e installazioni più recenti.
LA DIMENSIONE SIMBOLICA
I colori scelti da Valentini hanno uno spiccato valore simbolico.
Il bianco e il nero, con tutte le loro gradazioni, sono simboli evidenti della luce e del buio, ma anche
della razionalità e dell’inconscio, della consapevolezza e dell’ignoto. Tutti i suoi cicli oscillano fra
questi estremi e, più in generale, fra coppie di opposti quali il cielo e la terra, il pieno e il vuoto, lo
scavo e il rilievo, il passato e il futuro.
Grigio e azzurro sono i colori del cielo.
Sullo sfondo delle tavole nere si staglia spesso una massa granulosa blu oltremare. Valentini vede in
quel blu squillante la forza creativa.
Il nero e il bianco degli sfondi è frequentemente impreziosito da piccole campiture dorate: è l’oro
della proporzione “aurea”.
Come fa notare Elena Pontiggia, oro e blu sono colori «simbolicamente collegati al sacro.»
L’oro diventa il colore predominante nel ciclo ispirato al sole. Valentini vede nell’oro la fusione degli
opposti: la pietra filosofale degli alchimisti, il “matrimonio alchemico” di cielo e terra, di anima e
materia legate indissolubilmente fuori del tempo e dello spazio.
Sergio Beccaria