Le incisioni di Luigi Bartolini
Carlo Alberto Petrucci
Col trascorrer degli anni, la vertiginosa produzione incisoria di Bartolini si va facendo sempre più imponente, e sempre più arduo riesce seguirla e chiosarla, he sue stampe hanno da tempo ormai superato le mille; quelle più remote ci semhran sempre belle come allora; belle in altro modo quelle più recenti, che non tradiscon segno alcuno di stanchezza. La Calcografia Nazionale, dov'egli viene ad eseguire le tirature e che perciò ha il controllo del suo polso, può testimoniare che la pienezza di esso non accenna a diminuire; il cuore sano continua a battere sempre con lo stesso ritmo, la stessa olimpica indifferenza a quelle cause esterne che ne innervosiscono e ne compromettono altri meno validi del suo. Bartolini non guarda a nessuno, intorno a sé. La sua ansia di perfezione è un fatto interno, che non concerne che lui: in questo è la sua forza. Va per la sua via, badando solo ad adeguar sempre meglio il passo al terreno, per avanzare con minor fatica e maggior speditezza; questo è tutto. E quale differenza di andatura, fra i primi passi un poco incerti ed esitanti come chi tenta col piede il suolo prima di allungar la gamba, alla spavalderia del suo incedere di oggi, spregiudicato e sicuro. Eppure le fasi dell'ormai lungo percorso son tutte, seppure in vario modo, efficienti, accomunate dallo stesso senso di convinzione incrollabile,
Se raffrontiamo una stampa del '15 o del '21 a una delle ultime, il distacco ci appare grande a prima vista, e diverso è il modo di presa sulla nostra comprensione, tenere, commoventi, sono le prime, pervase come da un attonito stupore dei fanciullo che sente potentemente ma confusamente la bellezza, e la trova negli aspetti esteriori, nei particolari curiosi, intuendone ma non penetrandone ancora le ragioni profonde. La sua ansia si rispecchia nella stesura grafica del segno capillare, delicatissimo, in un primo tempo arruffato e soffice come la seta del bozzolo di cui non ha ancora scoperto il bandolo per una tessitura ordinata.
Questa sua prima fase di produzione, rimasta sinora ostentatamente nell'ombra, costituisce il maggiore interesse della Mostra attuale, e ci conferma l'origine essenzialmente pittorica dell'incisione bartoliniana, tutta intesa ad addensar valori nella foga concitata delle sue prime manifestazioni. A questo gruppo di opere, che per quasi tutti saranno una rivelazione, non si è lesinato lo spazio. Chi ne seguirà gli sviluppi vedrà gradatamente affiorare, calmato il primo impeto, un amore per la for ma che verrà sempre più isolando il segno e semplificando la trama; e vedrà la produzione assumere i due modi di fare tipici del nostro artista. Uno con carattere quasi di preparazione, talvolta fine a sé stessa, che suggerisce senza compiutamente dire, con una stesura compiutamente lineare o appena rialzata da timidi accenni di chiaroscuro; l'altro più o meno nutrito di valori, spesso portati a ricchezza tale da sfiorar la pittura. Si pensi a tre conosciutissime stampe, presso a poco della stessa epoca: caltagirone, descrizione esauriente, benché parsimoniosa disegni e di morsura; la Finestra del Solitario, coi suoi ineffabili grigi in controluce, rievocazione cosi intima e nostalgica di un ambiente, un costume, un'epoca, che ti vien fatto, guardandola, di pensare a Leopardi che l'ha evidentemente ispirata; e le Farfalle imbalsamate, rese con quella dovizioa di valori superbi; portati a una profondità di neri ch'è pur sempre luce e mai tenebra, come Leonardo ammoniva.
In un altro capolavoro, di dieci anni più recente, la Storia del martin Pescatore, le due tendenze appaiono affiancate sulla stessa pagina, e il contrasto fra le due differenti stesure ne aumenta la reciproca efficienza. Più soffice, infatti diviene il piumaggio del piccolo protagonista (ma come ha potuto sparargli addosso) composto amorosamente, ancor caldo, sul grigio del fondo ellittico come in una piccola bara, a contrasto del linearismo scarno con cui son raccontati gli episodi della giornata di caccia; e più vivi, freschi e immediati questi ultimi risultano, pur nella scematica notazione.
La stessa lastra ci dà occasione di rilevare una tipica abitudine di Bartolini. quella di accomunare immagini ed episodi più o meno legati alla vicenda madre, o suggeriti da associazione di idee indipendentemente dalla unità di tempo e di luogo. Non poche sono le stampe condotte in tal modo. Ricordiamo la Caccia al Fagiano, l'Estate in Val Passiria, l'Apologia dei Fiumi marchigiani, la Fonte San Gennaro e altre ancora, testimoni-naze tutte di quella ricchezza di immaginazione, di quella abbondanza prorompente di vena alle quali è legata la fecondità della sua produzione. Il suo mondo è quello delle umili cose, della umile gente semplice e schietta, degli spettacoli che tutti abbiamo sotto gli occhi, trova i suoi modelli nei campi, lungo i fiumi, intorno alle fonti. Maggior frequenza sono andate assumendo le composizioni simboliche, le trovate satiriche con le quali appoggia le polemiche di stampa, le caricature. Non si può dire ch'egli ami ancora quella sua maniera fine fine fine, o anche bionda, com'egli la chiama, prevalentemente, anzi esaurientemente descrittiva. Eppure, con buona pace di chi, senza discriminazione alcuna, depreca e sconfessa il vero come movente immediato dell'opera, queste stampe non cessano in complesso di piacerci allo stesso titolo per cui ci piace la Conchiglia di Rembrandt. [...]
E nel far sua, nel tradurre il vero, Bartolini s'impegna con tutti i sensi; pervasa di tutti gli stimoli sensori è infatti la sua grafìa estrosa, sempre nuova, che fluisce immediata in piena felicità creativa. Egli stesso deve credere al miracolo. Un disegno di Castel Eusano, pubblicato di recente su "Idea", rende nei pochi tratti larghi del carboncino, in modo impressionante, l'arsura della pineta odorosa di ragia. Certe soluzioni grafiche, direzioni di tratteggio, appoggiature di valori, gli vengon fatte così, d'impulso, senza ragionare, ragionando non le avrebbe trovate. E con pari naturalezza gli vengon le inquadrature, mai convenzionali o rimediate, tagliate con infallìbile e pronto senso di equilibrio e di ritmo. Insensibilmente, attraverso gli anni, il gusto dell'analisi è andato cedendo all'amore più virile per la sintesi. Ea sua arte d'incidere si è fatta più riassuntiva nel segno, ingrossato a compensare la maggior semplicità strutturale; e i valori, semplificati e potenziati, anch'essi, hanno raggiunto vere e proprie equivalenze tonali, rivelando la logica di tutto un ciclo di evoluzione verso la pittura.
Ea mano che ha tracciato quelle miriadi di sottilissimi segni allineati, mescolati, sovrapposti con discernimento sagace, è quella stessa ch'è andata e va distendendo sulla tela un identico ritmo compositivo, le larghe strisce di tonalità dense, chiuse nelle ossature di 87 robuste pennellate costruttive. E i delicati grigi che affiorano qua e là ad addolcire i troppo crudi contrasti e sembrano diversamente colorarsi secondo la direzione del tratteggio, hanno la stessa origine di quelle improvvise preziosità di tinte rare, inaspettate, che ingemmano il complesso tonale completandolo come la chiave l'arco.
(XVI Mostra allestita dalla Calcografia Nazionale del dicembre del MCMLI)