Le trame del linguaggio.
Teodoro Cotugno si è accostato all'incisione nella profonda consapevolezza di scegliere un linguaggio espressivo, basato sul rigore del bianco e nero e sulla forza del segno, che si differenzia totalmente da quello del "fare" pittorico e con il quale non può scendere a compromessi. I risultati conseguibili con il pennello sono infatti ben diversi da quelli raggiungibili con la punta d'acciaio e Cotugno, che ha esordito agli inizi degli anni Sessanta proprio come pittore, ha avuto modo di verificare personalmente tale realtà.
Da quando, visitando una mostra retrospettiva dell'opera grafica di Morandi tenutasi a Bologna nel 1966, è sorto in lui il desiderio di incidere, Cotugno ha lottato quotidianamente con lastre, punte, mordenti, carte ed inchiostri, nel convincimento che solo con l'esperienza, la continua ricerca ed il costante impegno, sia possibile raggiungere esiti qualitativamente apprezzabili.
Tra le varie tecniche calcografiche, predilige l'acquaforte che gli consente di modulare l'intensità del segno tramite diverse morsure, creando talvolta un morbido digradare dei piani.
Nelle sue composizioni, intese a ritrarre gli aspetti più autentici della realtà, i vari elementi prendono forma ora tramite linee parallele, ora mediante trame più o meno fitte, originate da segni che si intersecano diagonalmente. Altre volte invece tratti minuti e ricurvi, carichi di tensione ma al tempo stesso delicati ed armonici, si incrociano per ricreare un intreccio di rami, l'arbusto di una vite, il fogliame di un albero, i petali di un girasole. L'attenzione al particolare è estrema. Niente è lasciato al caso. Ogni dettaglio è curato minuziosamente e diviene un prezioso tassello di un complesso mosaico.
Se nelle acqueforti abili effetti chiaroscurali sono ottenuti, talvolta, interrompendo all'improvviso un fitto reticolo per esaltare il bianco di una distesa di neve o, più frequentemente, mediante un tratteggio che si dirada in modo graduale, nelle maniere nere i morbidi e vellutati passaggi tonali sono dovuti ad un sapiente ed accorto utilizzo del brunitoio.
Ancora oggi Cotugno è uno che non si accontenta. Spesso riprende una lastra già portata a termine, vi apporta dei cambiamenti, curioso di vedere come potrebbe migliorare la resa dell'immagine, utilizzando un procedimento tecnico diverso.
Con la stessa passione e lo stesso entusiasmo con i quali incide, egli affronta da anni anche la stampa. Il suo primo torchio calcografico lo ha acquistato nel 1979 ad Urbino, ove si trovava per frequentare i corsi estivi di tecniche incisorie presso l'Istituto Statale d'Arte e ove è ritornato nei due anni successivi per seguire i corsi di calcografia tenuti da Renato Bruscaglia.
Da allora l'operazione della stampa per Cotugno non si è mai risolta in un semplice fatto meccanico. Sia che la esegua personalmente, come spesso accade, sia che si avvalga dell'aiuto di uno stampatore, durante questa fase, infatti, egli interviene ancora attivamente, effettuando scelte determinanti per il conseguimento del risultato desiderato.
È in questo momento che egli decide, ad esempio, di utilizzare un tipo di carta piuttosto che un altro o di lasciare un leggerissimo ed uniforme strato di inchiostro sulle parti della lastra non incise, per ottenere sul foglio una particolare velatura. Anche il procedimento di stampa, affidato non solo all'abilità manuale dello stampatore ma anche alla sensibilità dell'artista, diviene pertanto parte integrante e fondamentale di quel processo creativo che consente il realizzarsi dell'opera d'arte.
I fogli esposti testimoniano il rigore e la serietà che contraddistinguono l'operare di questo artista, condotto nel rispetto dell'autonomia del linguaggio incisorio, spesso inopportunamente utilizzato da altri come surrogato della pittura.
Simona Orlandini