dalla presentazione alla 31° Biennale di Venezia 1962.
TESTO PER LA MOSTRA IN CAVATORE A "CASA FELICITA" 2010 DI MARCO ROSCI
Per naturale temperamento contemplativo Francesco Casorati Pavarolo è incline a un'arte di visione: con un senso intimo del ricordo, che tende a decantarsi.
Ma anche il primo ambiente formativo - a contatto col padre, Felice Casorati - ha inciso su questa sua tendenza: dagli esempi paterni ha appreso infatti il sottile distacco dell'immagine, la possibilità di guardarla con lucida intuizione anche critica, e in genere il metodo compositivo, che raramente si affida alla corsività più immediata e che esclude quindi I'automatismo del gesto. Ma c'è, in lui, una trepidazione diversa: le sue immagini sono variazioni di un ricordo come presenza lunare, che diventa estrosa proiezione di favola metafisica. I personaggi, pur nei loro movimenti accidentali, e i vari elementi compositivi, tendono all'essenza: da qui un bisogno di servirsi di zone piatte, con un ritmo di struttura geometrica e di una grafia fermata con distacco. L'accento intimista, tuttavia, finisce col risolvere questo senso di favola metafisica in un lucido stato d'animo, che se nella pittura si vale di colori allusivi nel predominio dei viola, verdi, grigi che creano intarsi - nelle incisioni si attua in maniera più monodica, con semplificazione di mezzi. II segno, anche quando diventa più sottile, è sempre pittorico, e muovendosi nei richiami degli spazi riesce a evocare la carica emotiva, che in Francesco Casorati è sempre contenuta, ma tesa, se pure filtrata con penetrante azione mentale. Una presenza dunque in sordina, ma che si fa sentire, attraverso queste incisioni, con autonomia di lìrìco sottile.
Italo Calvino e Guido Ballo
LE CARTE DEL TEATRO PORTATILE
Cento carte incise,a tempera e acquerello,disegnate,
lungo mezzo secolo ,secondo un filo,una trama,un
racconto di suprema ambiguità,ad un tempo dolce e
ferreo,logico e lirico .E di grande coerenza.
Considero,riprodotta da Franco Fanelli sul catalogo
dell'antologica in Sala Bolaffi del 2000 a cura di Paolo
Levi ,la linoleumgrafia sulla copertina di "Orsa Minore"
n.1 anno III,1954,con i barconi,vichinghi o normanni,
sospesi agli aquiloni ,e ne ritrovo intatti forma e spirito
nell'acquerello Quattro quadretti appesi del 2005,nella
Giostra di disegni del 2006,matita e tempera.
Una citazione da Paolo Fossati,1988:"Lo scambio dei ruoli
fra le varie "figure",lo scambio dei percorsi lungo il
racconto:non é un'allegoria,è una constatazione precisa,
l'indicazione di uno scarto minimo(la pittura da camera
come filosofia portatile della pittura?),il transito fra
pensare ed immaginare,fra ragionare e fantasticare
é al confine di un soffio....Casorati rende conto perfino
sul piano tecnico,se lo sceglier l'olio o la tempera,
l'acquerello o la matita"(e aggiungo l'acquaforte e l'
acquatinta)"è fatto tecnico e non simbolico e ragionativo:
la morbidezza e la velocità di fissione,la porosità e la
dissolvenza degli spessori hanno una ben evidente logica".
Guido Ballo 1963:"I disegni e le tempere possono chiarire
con maggiore immediatezza il più segreto linguaggio
pittorico di Francesco Casorati Pavarolo:sono disegni
che fermano l'immagine con essenzialità corsiva,in un
ritmo che non frena l'impulso....personaggi che,pur nei
loro movimenti accidentali,tendono all'essenza:da qui
un bisogno di servirsi di zone piatte,con un ritmo di
struttura geometrica,e di una grafia fermata con
distacco".
Lungo tutto il percorso esiste una non segreta
complicità fra Francesco e i suoi sodali critici sulle
sue scelte di linguaggio,di metodo,di sperimentazione:
ne è traccia nel colloquio con l'altro autore di questo
volume con il ricordo di esperienze parigine con
Fossati e Poli.E ne è traccia massimamente evidente
il fatto che le due prime monografie,quella di Fossati
nel 1967 e quella di Carluccio nel 1973,concernono
l'opera grafica;e,ancora prima,che la prima presenza
alla Biennale,la XXXI del 1962 ,consista in una personale
di grafica presentata da Ballo,seguita l'anno dopo dal
Premio Biella per l'incisione e dalle Cinquanta incisioni
di artisti italiani proposte da Valsecchi alla Libreria
Prandi di Reggio Emilia.
In quel primo momento di uscita dal mondo torinese
della Bussola,della Narciso,di Gissi Casorati ha già
superato la fase originaria delle linoleumgrafie e delle
acqueforti su ferro definita da Fanelli nel testo già citato
di "Incunaboli e preludi".Queste erano primigenie
inscenature favolistiche e ludiche che ibridavano le
ironie araldiche di Calvino e le periferie e le fabbriche
dei realisti esistenziali milanesi,sotto l'imprinting
della "preistoria familiare"delle carte simboliste e
secessionistiche paterne ,già ricordata da Carluccio
nel 1959 presentando la sua prima personale alla
Bussola.E qui evoco ancora una volta,alla pari con
Fossati e con Levi,il più intrinseco,biologico imprinting
sull'immaginario di Francesco nato dalla convivenza
con Tiro al bersaglio del 1919,enigmatico "unicum"
di Felice .
Questo imprinting è molto sensibile nelle primigenie
inscenature fino alla prima maturità tecnica,da qui in
avanti preferita,dell'acquaforte e acquatinta Cavalieri
antichi del 1960,che già prelude al libero aggrovigliarsi
di "essenziali e aerei rovelli segnici"(Fanelli) tipici dei
fogli presentati alla Biennale del 1962,qui esemplati
da Il Fiume e soprattutto,"in chiave di astrazione lirica
in qualche modo melottiana",da Battaglia sulla collina.
Non è certo un caso se l'autore,trent'anni dopo,abbia
voluto ripresentarla in una mostra di grafica a Le
Immagini per il resto dedicata alla "scrittura ecologica"
dell'albero e della stratigrafia del tempo nelle sue
fibre degli anni '90.
E' maturo il tempo "impegnato" di Demolizione del
1964 e di Omino sul carretto del 1965,testimonianza
preziosa di una fase pittorica in gran parte distrutta
dall'autore,ricca di ironiche commistioni narrative e
sceniche da Goya ad Ensor,da Picasso a Grosz
e di sofisticate misture fra grafica e fotografia.
La definitiva svolta successiva,definitiva anche nello
stabilizzarsi del rapporto unitario di linguaggio e di
forma fra campo grafico e spazio pittorico,è significata
dalle incisioni del 1972,Lampare e Duello,e del 1974,
Il ritorno di Guidoriccio e soprattutto Il grande pesce
pescato.
Nella vicenda pittorica,la svolta già emerge nella
personale itinerante nel 1969 fra Padova,Asti,Genova,
Aosta,dove compare il repertorio iconografico blu e rosso
ritmato"à plat" sul notturno di cielo e di mare,
rigorosamente comune all'olio e alla tempera,all'
acquerello e all'incisione,che sarà valido per tutti gli
anni a venire,con tutta la ricchezza di elaborazione
sperimentale che sarà sempre l'orgoglio esplicito dellì'
artista-artigiano.
Nella presentazione nei cataloghi del "tour" Carluccio
saluta la ricomparsa (che si rivelerà definitiva) di una
"certa predisposizione alla favola",abbinata "al piacere
tutto pittorico di una calcolata fabulazione,cioè ad un
particolare ritmo e ad un particolare clima della
rappresentazione per immagini dove nessun elemento
viene accentuato,la materia è volutamente esibita in
povertà".Il senso e il carattere della svolta emergono,
direi con amorevole e nostalgica semplicità,dalla
pagina autobiografica tracciata per il catalogo della
mostra Bolaffi del 2000:"Dalla fine degli anni Sessanta
e fino ad ora credo di aver seguito un lineare
percorso di lavoro imperniato su un medesimo filone
poetico.In un certo senso ho ripreso la strada interrotta
degli anni Cinquanta ...Il mio lavoro è diventato via via
più intimista,la materia pittorica è molto austera,ma
condotta con un amore quasi ossessionante...La mia
attenzione principale è quella di dipingere degli spazi
che siano corretti,giusti,ben equilibrati".Quest'ultimo
punto rende evidente che il discorso,proposto come
pittore,risulta ancora più pregnante se raffrontato all'
imponente opera grafica,tanto più se allargato alle
carte acquarellate,a partire da La nave all'orizzonte
del 1987.
Un opera come questa,ontologicamente concepibile
solo con la delicatezza impalpabile dell'acquerello,
ci introduce nel cuore dell'immaginario fantastico e
sognante dell'autore,per il quale il termine di surrealismo
è doppiamente improprio e deviante,con la sfera marina
inferiore popolata di pesci rosa convergenti sul battello
aranciato,dal cui minuscolo fumaiolo si protende verso
l'alto la gran fumata grigia Jugendstil verso la doppia
luna esoterica calante ed eclissata
Ne nasce un impeccabile,magico ritmo spaziale di
oggetti-forme di quel repertorio nato già embrionalmente
nei primi anni '50 con i linoleum de "L'Orsa Minore" e
le prime acqueforti su ferro e canonizzato alla fine dei
'60:il pesce,la nave,la luna,a cui si affianca minaccioso
il grande passero;presenze pittoriche,ma innanzitutto
e primariamente grafiche,che in un già lontano 1971
avevano assai colpito Giorgio Bassani,avvolti e
ingabbiati nella neonata fettuccia rossa.
Nel testo che ho già citato del 1988 Fossati enumera
questo repertorio:"Estraiamo dal contenitore della
nostra pittura portatile gli oggetti,cioè i protagonsti
e i contenuti,e enumeriamoli,sia pure a volo:uccelli,
cavallucci,case,castelli,mari,figurine,siluette,soldati,
fiumi,mura,alberi,nuvole,cieli,eccetera.Figure:cioè
immagini,ma pure segnali di un qualche repertorio
vissuto(e vissuto in gioco,ma anche in realtà uccelli,
gli uccelli sui rami,le navi in mare e così via),ed anche
cioè situazioni di un percorso o racconto"
In un'altra occasione,il catalogo della mostra al Palazzo
dei Diamanti a Ferrara del 1985,Fossati ripropone il
tema,ancor più valido per il foglio grafico che per la
tela dipinta:"E,va da sè,il piano di fondo è a scacchiera;
sicchè tra uccelli in vedetta,fili rossi ad avvertire che di
un itinerario(e magari labirintico) si tratta,il gioco a
scacchiera delle positure,il racconto è pepatamente
allusivo.Per carità di occhi e d'intelligenza,non si dica
di fiabe,di infanzia,di allegorie regressive verso un'
innocenza manipolatoria e giocherellona!....la miniatura
di paesaggi e luoghi come fossero giocattoli ovvero lignee
e cartonate costruzioni,altra funzione non ha che ripulire
di riferimenti grossi e fangosi il racconto e quindi
restituirlo alla magia dei suoi meccanismi elementari".
Non fiaba,ma racconto di distillata intelligenza,
magica altrettanto quanto acuminata e vibrante.Che
non esclude la mente e l'occhio aperti e reattivi,con
metafore non scevre da sottili ironie,ad ogni parallela
vicenda formale e concettuale della creatività artistica:
L'acquerello Quadri in barca del 2008 mi sembra
alludere con poetica delicatezza al Parmiggiani dello
Zoo geometrico in viaggio sul Po e del David Caspar
Friedrich,la tempera del 2006 Metamorfosi di un albero
è una allusione altrettanto poetica al fatto che la
sequenza di Mondrian appartiene alla memoria e alla
didattica artistica collettiva del secolo scorso.
Alla diversa ma altrettanto acuta categoria della
metafora critica dell'ultima avangurdia appartengono
nel 1995 l'acquaforte e acquatinta Marchingegno che
disegna e la tempera Macchina per macchiare ,che
coniugano la memoria storica di incisioni come
Officina del 1957 e l'analisi ironica di una Méta-matic
di Tinguely.
MARCO ROSCI