Chessa Mauro
Torino 1933
Mauro Chessa si forma presso la sezione di pittura dell`Accademia Albertina di Torino con Menzio e Calandri e, nel 1954, inizia ad esporre partecipando alla mostra "Undici giovani pittori di Torino".
Improntata al realismo, la sua pittura è fortemente influenzata dalle esperienze torinesi di Casorati, Menzio e dal Gruppo dei Sei, a cui appartiene il padre, Gigi Chessa, figura prematuramente scomparsa che Mauro conoscerà solo attraverso i ricordi dei film.
Negli anni Cinquanta, indistintamente dall’area geografica di provenienza degli artisti, il mezzo pittorico subisce il fascino e la seduzione dell’Action painting e dell’Espressionsimo astratto, le correnti che in quegli si andavano affermando negli Stati Uniti (Pollock, Kline, de Kooning) e in Francia (Dubuffet e gli autori del Tachisme) e che, esaltando la gestualità del corpo in azione, promuovono l’uso espressivo ed incontrollato della materia.
All’inizio degli anni Settanta, probabilmente nel generale coinvolgimento della cultura nei movimenti rivoluzionari, vi è da parte di Mauro Chessa una temporanea sospensione del mezzo pittorico, periodo in cui l’artista approfondisce il linguaggio cinematografico dedicandosi a film underground, ad animazioni e filmati di controinformazione.
All’inizio degli anni Ottanta, alla crisi di quei valori cari al decennio precedente si affianca una lenta e graduale riaffermazione della pittura come mezzo espressivo, della storia e della tradizione, utilizzato per indagare la realtà.
E’ in questo contesto di ritorno alla figurazione che molti artisti, tra cui lo stesso Chessa, elaborano una personale pittura che, in apparenza rappresentativa, è invece carica dei significati che ogni immagine riprodotta porta con sé. La pittura diventa così per Chessa un mezzo espressivo ineluttabile, una pratica che vede l’artista impegnato nell’analisi più scrupolosa e precisa del reale; dalle nature morte di reperti della quotidianità, vedute suburbane (fabbriche abbandonate, ferrovie, sottopassi) o naturali (boschi, stagni), alle figure che, soprattutto femminili, sono indagate in una loro umanità assorta.
C.C.