Una sottile vena di umorismo popolaresco addensa in grumi agitati, ancorché nitidissimi di dettaglio, i piccoli personaggi che popolano la commedia paesana di Alberico Morena e che, infagottati in abiti abbondanti, non di panno ma di guscio duro, con quegli zoccoli per scarpe, pesi e tutti d'un pezzo, somigliano piuttosto a luterani indaffarati in kermesse fiamminghe che a gente dell'Umbria dove lo xilografo è nato. Al di sopra di questa grottesca umanità, minuta e gesticolante, che fa i propri affari al mercato o segue il Santo in processione o innalza a furia di braccia gli spettacolosi "ceri" eugubini, il paesaggio impassibile allinea, nitido e fermo, le vecchie case, le chiese e le torri con la pungente evidenza delle predelle trecentesche d'altare e con assoluta, immutabile verità: perché esattamente ogni giorno accade la stessa cosa in ciascun centro antico e monumentale del nostro Paese, centro che nacque tanto ben fatto, su nostra misura, che ognuno di noi vi sta a suo agio, nelle proporzioni più decenti, proprio quelle che Aristotele nella Poetica raccomandava. E tra il paese che per conto suo conduce un'esistenza di secoli e di memorie, salvaguardato, almeno alla meglio, dalle nostre premure erudite, e gli attori minimi che noi siamo, i quali vi fanno frettolosa comparsa, dandosi il cambio e, purtroppo, uscendo alla fine di scena, corre tale un rapporto di simpatia che, necessari a vicenda, coesistono: l'uno con i suoi attoniti stupori delle ore più incantate - Falba, il tramonto, la notte dai radi lumi - e sempre la sua sublime fermezza che non è però indifferenza, gli altri col loro fitto daffare vano.
Certi aspetti della nostra cronaca quotidiana Alberico Morena li ha capiti magnificamente, in modo nuovo, suo e non strapaesano; rendendoli con la icasticità del segno, con lo scrupolo del mestiere devotamente amato, con la felicità dell'invenzione, con la fluenza del racconto agile e mosso, con la raffinatezza gentile che opportunamente, sull'impianto di popolarità schietta, distende la straordinaria dovizia tonale dei bianchi e dei grigi - quanto e a volte meglio che nell'acquaforte — e con quel pizzico d'umorismo che è sollecitato dalla affettuosa domestichezza e che solleva l'artista, d'un grado, sopra la folla anonima, curiosa e affannata dei suoi concittadini.
Fortunato Bellonzi