«Nella visione di Attilio Forgioli la trasfigurazione del paesaggio è una tensione persistente che si sviluppa accanto ad altri tramiti iconografici, nature morte, oggetti quotidiani, architetture, ritratti reali e immaginari, forme e luoghi del vissuto come momenti di un divenire che segue i mutevoli equilibri del colore.
Dai primi anni Sessanta a oggi, l’evocazione della natura è un impulso interiore che l’artista sente necessario alle ragioni del fare pittura, all’impegno estetico e morale di dialogare con le radici originarie del paesaggio, restituendo alla sua immagine deturpata e contaminata l’incanto della luce e dei suoi lievi palpiti. […]
Nella concezione di Forgioli il paesaggio è una presenza interminabile che cerca equilibri tra il controllo mentale e l’emozione pura, sapendo che questo cammino senza certezze non potrà mai essere misurabile e definibile compiutamente, ma solo fissato nell’ondeggiare mutevole della luce. […]
Immerso per alcuni mesi nel pensiero dei luoghi dell’Alto Garda, osservati e interiorizzati attraverso un lento esercizio di trascrizione pittorica, l’artista ha trasformato i referenti naturalistici in immagini dotate di nuova visibilità. Ne è scaturito un racconto fluente e arioso, condotto con la qualità del sapere pittorico a cui Forgioli ci ha abituato, il filo narrativo dei titoli indica il piacere di camminare tra i luoghi come fonti di svelamento di altre soglie, atmosfere che s’incarnano nella vita del colore, tra le pieghe e le vene sottese del paesaggio. Di fronte alle forme del visibile naturale, l’artista ama fantasticare, vestire la natura con i propri colori, entrare e uscire dai margini di verità che i luoghi offrono, suscitando umori sensoriali che sorprendono le attese del lettore, sempre più attirato dalle mutazioni del suo volto, dalle trasformazioni della luce in atto.»
Claudio Cerritelli, 2016