Alcuni eventi nodali segnano la rinascita dell'acquaforte in Piemonte negli anni '60 del XIX secolo: la pubblicazione dell'Album "speciale" della Società Promotrice delle Belle Arti nel 1864, la stampa a dispense della rivista "L'Arte in Italia" nel 1869 e, nello stesso anno la costituzione de "L'Acquaforte, Società d'Artisti Italiani".
"Rivolto a tutti i benemeriti che contribuirono all'erezione dell'edificio per le esposizioni di belle arti" l'Album del 1864 in particolare testimonia su più versanti il nuovo clima: lo scritto che vi compare a firma di Giovanni Vico rappresenta il primo saggio sistematico rivolto all'incisione "nelle Provincie Subalpine" e le tavole che illustrano il volume (in prevalenza non legate alla mera riproduzione) offrono una piccola antologia dell'acquaforte "...presentata come un prodotto artistico autonomo (....) e come un campo di sperimentazione avanzato, proiettato verso il futuro"
All'iniziativa partecipano, fra gli altri, Antonio Fontanesi e Agostino Lauro {"...ambedue paesisti ma non potevano essere più opposti....") che, quasi in contemporanea, vengono chiamati all' insegnamento all'Accademia Albertina (nel 1868 Fontanesi per il Corso Libero di Paesaggio e l'anno seguente Lauro per il Corso Libero di Acquaforte) per intervento del grande protagonista delle vicende artistiche torinesi del tempo, Ferdinando di Breme.
Se il foglio di Fontanesi rappresenta, al momento, l'aspetto più innovativo e sperimentale dell'acquaforte, il paesaggio di Lauro, illustrativo, piuttosto convenzionale e ben lontano da altre sue sorprendenti prove indica tuttavia la strada maestra del ben ponderato procedere, del mestiere a sostegno della libertà creativa, quella via cioè sempre perseguita, nella storia a venire, dalla Scuola d'incisione dell'Albertina.
A queste duplici radici, e nella duplice veste di artista e docente si riferisce l'opera di Marcello Boglione. Per lui, pur romanticamente incline all'effusione sentimentale, solo il puntuale controllo delle procedure unito alla consapevolezza del più vasto e decantato materiale segnico può consentire il transito verso la più schietta disposizione lirica.
La profonda adesione alla cultura acquafortistica ottocentesca, da Meryon a Whistler non gl'impedisce di guardare alla realtà con occhio vigile, armonizzando sentimento e ragione. Così, nel procedere della sua attività, le rare acquetinte e la pratica del retroussage (intesa a velare le forme fin quasi al dissolvimento) lasciano il passo, sempre con maggiore acutezza, alla pura fascinazione del segno ai limiti della percettibilità: come ad esempio accade in certi paesaggi veneziani pervasi di opalescenti stupori, la traccia, al pari delle nuvole e dell'aria, sembra svaporare al primo alito di vento. Ormai Boglione si lascia alle
spalle le ombre evocate e i virtuosismi dello stampatore raffinatissmo perchè è il segno vibratile e ipersensibile a rappresentare il mondo, e di ogni cosa l'esatta natura.
Forse è questa lucidità poetica a destare l'attenzione di molti artisti suoi contemporanei, tra cui perfino l'umorale e "polemico" Luigi Bartolini che, dedicandogli un volume di poesie, nel 1953 si firma, con affettuosa semplicità, volendo quasi giungere alle radici di un comune sentire, "..all'amico Marcello Boglione.....il suo collega incisore".