GIOVANNI BARBISAN (1914-1988)
Giovanni Barbisan nasce a Treviso il 6 aprile del 1914.
"Come tutti gli artisti borghesi – ha notato Paolo Rizzi- Barbisan non ha una storia: o meglio, la sua è la storia piana, semplice, di chi a null’altro mira che al suo vivi nascosto".
Nel 1931, appena diciottenne, si iscrive ai corsi liberi di nudo di De Stefani all’accademia di Belle Arti di Venezia, dove andrà successivamente, come insegnante di decorazione,Guido Cadorin ma anche, per quanto riguarda le tecniche d’incisione, Giovanni Giuliani.
Il cammino di Barbisan resta tuttavia sostanzialmente autonomo e incentrato su uno spirito fortemente autodidatta; non è comunque da escludere, sul giovane, l’influsso esercitato dalle
opere di Antonio Donghi, che l’artista doveva aver osservato in occasione della Biennale del 1932.
In quello stesso anno avviene la sua prima partecipazione espositiva; l’anno successivo,Giovanni Barbisan affianca ai segni grafici la pittura ad olio alla Nona Mostra Trevigiana d’Arte.
Sono già sette le sue opere esposte, quasi a costituire una piccola sezione.
Nel 1935 Barbisan acquistò da Giuliani un torchio che fu pagato 350 lire. Sarà quel torchio acquistato a Venezia a far diventare la sua casa il primo Centro d’Incisione di Treviso, il punto d’appoggio e d’incontro di molti giovani che con passione, seguendo le orme del giovane maestro, si industriavano ad incidere.
Gli anni fino allo scoppio della seconda guerra mondiale sono stati definiti da Rizzi “di studio tenace”.
L’impegno costante perseguito nel campo dell’incisione e della pittura ad olio non ha impedito a Giovanni
Barbisan di dedicarsi, anche negli anni successivi a questa decade, alla tecnica dell’affresco: si può in
effetti parlare di una “parentesi” concreta nella vita dell’artista, soprattutto se confrontata con l’immenso lavoro realizzato negli altri due ambiti.
Nel 1937 vanno segnalati altri due fatti di un certo rilievo del suo percorso biografico: la conclusione del servizio militare, che di lì a tre anni sarebbe in altre situazioni ripreso, e l’inizio dell’insegnamento nel liceo artistico di Venezia, con l’incarico per il paesaggio, che si protrarrà con discontinuità sino al 1971. È in effetti il paesaggio uno dei leit motiv dominanti della
produzione di Giovanni Barbisan: profondamente legato alla sua terra veneta, ritrarrà con particolare dedizione gli amati colli asolani, la campagna trevigiana, gli elementi naturali segnati dal ritmo delle stagioni. "Un mondo che Giovanni Barbisan - scrive di lui Giorgio Trentin- sarebbe venuto affrontando nello sviluppo di un linguaggio incisorio a cui il progressivo e assai
rapido maturarsi del processo di una tecnica incisoria, acquafortistica particolarmente, di straordinaria, raffinata sensibilità, avrebbe acconsentito di poterlo cogliere ed afferrare, penetrare ed indagare, rivelare nella linfa più vitale del proprio tessuto ambientale”.
Nel 1938 e 1940 prosegue la sua partecipazione alla Biennale veneziana ed anzi, in quest’ultima
occasione, consegue, con Ritorno di Legionari, il premio per l’affresco.
Gli anni della guerra non interrompono, anche se la rallentano in maniera sostanziale, la produzione
dell’artista, e neppure spezzano del tutto il circuito delle occasioni espositive.
Nel 1948 Barbisan porta a termine uno dei suoi maggiori affreschi: la cappella del Collegio Vescovile Pio
X a Treviso dedicata al Pontefice.
Il conflitto trascina Barbisan tra l’Albania e la Grecia, tra la Russia e il Sud Italia facendogli anche
sperimentare la prigionia, consentendogli solo raramente il lavoro d’incisione. Carlo de Roberto scrisse:“Nel giovane Barbisan la guerra portò ad una evoluzione del processo formativo. Non c’erano più i libri,ma c’erano, a richiamare la curiosità e l’attenzione di una eccezionale sensibilità visiva, la luce
mediterranea e la novità dei luoghi.
Nel 1946 a Milano un colpo di fulmine lo conduce alle nozze nel giro di pochi mesi con la diciottenne Lina,
una milanese piena di verve e temperamento. Da allora la vita dell’artista continua quieta, con la ripresa del’insegnamento: dall’ombroso rifugio in via Monte Piana si allontanerà solo per periodiche visite a Venezia.
L’incisione fu lo strumento e l’esito che Barbisan prescelse per le occasioni più rilevanti e qualificate di contronto, nazionale ed internazionale: gli anni cinquanta registrarono infatti in maniera crescente risconoscimenti per l’opera dell’artista di Trevsio, sino al punto da costringerlo, finalmente, all’attenzione della critica.
Tra i numerosi riconoscimenti ricordiamo i premi alle Biennali veneziane dal 1940 al 1950; i premi
conseguiti nel 1953 alle Belle Arti di Torino e alla Quadriennale di Roma, il premio Burano nel 1954,
l'anno successivo il premio Marzotto, e il primo premio nazionale "A.Soffici" per la grafica nel 1966.
Numerose le esposizioni antologiche tra cui si ricordano la grande mostra dei dipinti di Casa Da Noal a
Treviso nel 1973, la rassegna delle acqueforti a Ca Pesaro a Venezia nel 1974 e nel 1976 a Palazzo Braschi in Roma, e le due mostre a Villa Contarini di Piazzola sul Brenta nel 1978 e nel 1982. Sue opere figurano alle gallerie d'Arte Moderna a Venezia, Roma, Verona, Torino, Treviso, nella collezione del
Castello Sforzesco a Milano, al museo di Stoccolma ed in altre raccolte pubbliche e private.
Negli ultimi due decenni della sua attività, Giovanni Barbisan si dedicò in modo particolare alla campagna
toscana e alla selvaggia solitudine dellla Maremma. Morì ad Orbetello, proprio in quella Maremma che
amava come una seconda, e più aspra, campagna veneta. Avvenne improvvisamente, il 17 giugno del
1988: Barbisan aveva appena terminato di incidere una straordinaria lastra verticale, un bosco, e sembrava ansioso di tornare a casa per darla ai torchi. Per un curioso ma significativo destino, la sua
opera di incisore lo accompagna sino all’ultimo giorno della sua storia.