Scrive Rossana Bossaglia:
I numerosi e qualificati critici che si sono occupati fin dagli anni Cinquanta di Renzo Biasion (1914-1996) hanno ogni volta sottolineato la fondamentale caratteristica di questo straordinario personaggio: di essere disegnatore e incisore puntiglioso, e insieme caldo interprete della realtà concreta, restituita attraverso luci soffuse e atmosfere vaporose; con, a seconda dei casi, o addirittura contemporaneamente, una tagliente lucidità di tratto e una morbidezza pastosa di colore. Un artista eccezionale, che potremmo definire eclettico, considerate le caratteristiche della sua opera cui abbiamo fatto cenno; ma l’eclettismo di solito presuppone una varietà di orientamenti l’uno diverso dall’altro: Biasion invece è sempre lo stesso, in modo riconoscibile; quella formula intensa e nitida nella quale lo identifichiamo, la cui diretta matrice è il cosiddetto “stile Novecento”, ne sottolinea una chiara personalità; e la ritroviamo dai ritratti ai paesaggi, dalle opere di piccolo formato e dalle vedute ravvicinate ai grandi dipinti e alle vedute profonde.
Ovviamente alla sua precisa peculiarità non è estraneo uno sviluppo nel tempo, cioè l’identificabile successione di fasi diverse del suo operare, anche con predilezioni di argomenti e tematiche. A questo proposito è opportuno sottolineare l’interesse, negli anni Cinquanta, per il tema delle case operaie, o delle periferie con edifici che si sarebbero poi identificati come archeologia industriale; e, negli anni Settanta, l’affascinante sequenza dei simbolici ritratti frontali. Personaggio di forte comunicativa e insieme di grande complessità. Con la sua biografia, potremmo identificarne la fisionomia nell’incontro tra la cultura veneziana e fiorentina; ma come escludere l’influenza dell’area bolognese e la consapevolezza del menzionato Novecento lombardo? E’ sempre lo stesso ma sempre sensibile agli incontri e ai confronti.
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